L’operazione dei carabinieri del Comando Provinciale di Roma contro le infiltrazioni della ‘Ndrangheta ha portato a un’ordinanza di custodia cautelare, tra il Lazio e la Calabria, di 9 persone, si tratta di 7 arresti in carcere e 2 ai domiciliari, 8 uomini e una donna.
Questa mattina sono state numerose le perquisizioni e i sequestri di beni a Roma e provincia e ad Africo Nuovo e Bovalino e nella Locride.
Il reato contestato alle persone fermate è l’associazione per delinquere di tipo mafioso, insieme a detenzione e porto di armi da guerra e comuni da sparo, ricettazione, rivelazione ed utilizzazione di segreti d’ufficio, favoreggiamento personale, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti, estorsione, furto e introduzione nello Stato di monete falsificate e danneggiamento seguito da incendio: reati tutti aggravati dal metodo mafioso.
Secondo gli inquirenti, a capo dell’associazione, ci sarebbe un 34enne, originario di San Luca. L’uomo farebbe parte della cosca della ‘ndrangheta Nirta-Romeo-Giorgi. A lui è stata anche contestata l’intestazione fittizia di attività commerciali. A riscontro del fatto che l’attività illecita venisse condotta per conto della ‘ndrangheta, nel corso delle indagini, svolte dai carabinieri della compagnia di Tivoli, sono stati recuperati i “pizzini”, manoscritti da un boss della ‘ndrangheta, attualmente detenuto in carcere. Lì c’erano delle “istruzioni” su come l’organizzazione dovesse muoversi nella gestione dei traffici illeciti.
I due calabresi coinvolti nelle indagini, secondo quanto ricostruito gestivano un ingente traffico di cocaina, eroina e hashish, che arrivava dalla Calabria nelle piazze di spaccio di Roma. Pare che il programma prevedesse proprio l’importazione della droga dalla Calabria che poi veniva ceduta ai diversi gruppi organizzati dell’area Tiburtina di Roma per lo spaccio al dettaglio.
Carlotta Tomaselli
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