C’e’ una vera e propria strategia dietro la presenza della ‘Ndrangheta negli appalti pubblici. Le intercettazioni della Dda che sono fra gli elementi dell’operazione “Mandamento”, portata a termine oggi dai Carabinieri del Ros e del comando provinciale di Reggio Calabria, evidenziano, secondo i magistrati della procura reggina, una “sistematica pressione estorsiva, costituita dal 10% del valore delle opere”, nonche’ l’infiltrazione negli appalti pubblici tra cui quello relativo ai lavori della linea ferroviaria Sibari-Melito Porto Salvo, con particolare riferimento alla tratta Condofuri-Monasterace del valore complessivo di 500.000 euro. La possibilita’ di fare affari e’ in grado di sanare frature storiche, come quella fra le famiglie storiche del “locale” di Locri, i Cataldo e i Cordi’, protagoniste di una faida iniziata sul finire degli anni ’60 che ha insanguinato per diversi anni la zona. L’inchiesta ha evidenziato come, a seguito della formale chiusura del “Locale” di Locri, decretata alla fine degli anni ’90 dagli organismi di vertice della ‘Ndrangheta proprio a causa dell’ennesima recrudescenza della faida, le due cosche rivali abbiano raggiunto una formale pacificazione al fine di “riattivare” il “Locale” e rientrare nel consesso ‘ndranghetista da cui erano state escluse. Gli inquirenti avrebbero delineato gli organigrammi delle due cosche e di quelle satellite, documentando l’esecuzione di diverse estorsioni a imprese e esercizi commerciali; l’infiltrazione negli appalti pubblici per la realizzazione del nuovo palazzo di giustizia, dell’ostello della gioventu’ , del centro di solidarieta’ Santa Marta e di istituti scolastici, nonche’ nella gestione di terreni pubblici e nell’assegnazione degli alloggi popolari. La cosca Cataldo avrebbe anche raggiunto il controllo di alcuni alloggi popolari a Locri. Dall’inchieste emerge inoltre la turbativa di numerosi appalti pubblici nel settore delle opere infrastrutturali, indetti dai Comuni di Plati’ e Careri oltre che dalla Comunita’ Montana “Aspromonte Orientale” di Reggio Calabria, in favore di ditte controllate dalle cosche locali. Il tutto, evidenzia l’indagine, “secondo logiche spartitorie dettate dagli equilibri mafiosi sul territorio tra le cosche “Barbaro” di Plati’, “Ietto – Cua – Pipicella” di Natile e “Pelle” di San Luca. Il comune di Careri, in particolare, si caratterizza ,secondo la Dda, per l’esistenza di “un sistema illecito di conferimento diretto e sistematico”, tramite “somme urgenze”, di commesse pubbliche in favore di imprese controllate dali clan. Gli atti documenterebbero l’infiltrazione mafiosa nei cantieri della ex strada statale 112, appaltati dalla Provincia di Reggio Calabria, in gran parte eseguiti da imprese edili controllate dalle cosche locali, imposte all’A.T.I. aggiudicataria della commessa pubblica con il sistema dei sub-contratti per lavori a misura, per il nolo dei macchinari, per la fornitura di calcestruzzo, materiali edili e da cantiere e mediante imposizione delle maestranze. Un sistema, e’ scritto negli atti, “indispensabile per le ditte mafiose al fine di eludere i controlli preventivi antimafia eseguiti dalla stazione appaltante”, che ha costituito per le societa’ vincitrici della gara pubblica l’unico modo per trovare un “accordo” con il “territorio”, sottoponendosi alla protezione delle cosche locali e limitando in tal modo i danneggiamenti nei cantieri.