Ieri, lunedì 29 agosto, ho partecipato ad una iniziativa molto interessante organizzata dalla Città Metropolitana di Reggio Calabria con i vertici dell’Associazione Nazionale Città dell’Olio, dove il Presidente di questa importante Associazione, tra le altre cose, ha parlato di un progetto volto al recupero degli uliveti abbandonati.

Gli uliveti, qui da noi, oltre alla loro naturale funziona di produzione del nostro ottimo olio, sono anche portatori di storia secolare tramandata dagli ulivi nella loro lunga vita.

Mentre gli interventi, tutti molto mirati e interessanti, si susseguivano, avendo vissuto in un’epoca dove ancora la raccolta delle olive si faceva a mano e il recupero del raccolto avveniva attraverso gli animali da soma, asini e soprattutto muli, pensavo al fatto che molti insediamenti rurali abbandonati per svariati motivi, come ad esempio l’alluvione del 1951 per quanto riguarda intere aree montane, hanno avuto come conseguenza, tra le altre, l’abbandono di intere piantagioni di ulivi.

Al tempo d’oggi, queste coltivazioni vengono ignorate in quanto il recupero del raccolto risulta alquanto scomodo laddove non esistono strade sterrate o arterie interpoderali prive dei necessari interventi di manutenzione.

Mentre al Nord la produzione di olio nasce già come attività commerciale organizzata, qui da noi, in Calabria, la coltivazione degli ulivi era un rito sociale diffuso oltre che necessario al sostentamento famigliare. Per farvi un esempio, in una Regione come l’Emilia Romagna gli ulivi e l’olio portano come zona di riferimento un piccolo e bellissimo borgo, Brisighella, che si trova in provincia di Ravenna. Qui in Calabria, l’ulivo, è presente dovunque. Gli uliveti, nella nostra tradizione, costituivano anche una importante “dote” che si tramandava tra generazioni, fin quando il progresso li ha relegati nel dimenticatoio.

Gli ulivi venivano messi a dimora dovunque ci fosse una proprietà, anche piccola, in collina come in montagna o in pianura a livello del mare. Così capita di incontrare piante di ulivi ovunque, tra querce, lecci, castagni, sui pendii che costeggiano le fiumare ed ogni borgo era attorniato da piccoli o grandi coltivazioni di ulivi, spesso con un muro di pietra come sostegno ad ogni pianta laddove il terreno era molto scosceso.

Il loro recuperare potrebbe integrare questa nuova sensibilità volta al recupero dei borghi e delle tradizioni ed incontrare la crescente richiesta che proviene da questo crescente turismo rurale.

Per questo motivo credo sarebbe importante che questo progetto prendesse piede e si sviluppasse con l’aiuto dell’Amministrazione Metropolitana e di altre Associazioni operanti sul territorio regionale.

Per concludere, dunque, oltre all’aspetto commerciale e qualitativo, non certo secondari, questo progetto di recupero degli uliveti abbandonati avrebbe un valore aggiunto in quanto includerebbe il recupero di una cultura identitaria. Complimenti, dunque, all’Amministrazione della Città Metropolitana per l’iniziativa e per l’impegno assunto di sostenere attraverso un percorso che prevede altri incontri questo progetto. Come Associazione Culturale siamo disponibili ad affiancare questo percorso, Culturale oltre che commerciale.

Pietro Sergi

Presidente Associazione Culturale “Spiriti Liberi Calabresi”.