Una rapida e non invasiva scansione degli occhi può identificare mutamenti nella retina che aiutano a diagnosticare il morbo di Alzheimer. E’ il risultato di una nuova ricerca di studiosi del Centre for Eye Research Australia e dell’University of Melbourne, che hanno usato una tecnologia specializzata di scansione per identificare la prima insorgenza della malattia. La ricerca, pubblicata su Nature Communications, mostra che il nuovo esame oculare può identificare accuratamente persone con alti livelli di amiloide beta, una proteina che si accumula nel cervello e nella retina delle persone con Alzheimer sin da 20 anni prima dell’insorgenza dei sintomi. Secondo gli autori, Peter van Wijngaarden e Xavier Hadoux, i risultati dello studio possono aprire la strada a un nuovo test diagnostico che consenta di identificare tempestivamente le persone a rischio.
La scansione oculare usa imaging iperspettrali per proiettare nell’occhio una luce con i colori dell’arcobaleno, una forma di tecnologia utilizzata nei satelliti per esaminare la superficie terrestre in cerca di giacimenti minerali. “La tecnologia permette di vedere la retina in un modo nuovo. E mostra che vi sono differenze nella maniera in cui la luce è riflessa, tra la retina di persone con depositi di amiloide beta nel cervello e la retina di persone con livelli inferiori della proteina”, scrivono gli autori. I test correnti per l’Alzheimer includono analisi del fluido spinale (puntura lombare) e tomografia cerebrale, che richiedono l’iniezione di un tracciatore radioattivo. “I test correnti sono invasivi, costosi e non facilmente accessibili. Sono generalmente riservati per persone in sperimentazioni cliniche o con forme non tipiche della malattia”, scrivono Peter van Wijngaarden e Xavier Hadoux. “Di conseguenza molte persone con problemi di memoria o altri sintomi di demenza non hanno accesso a test diagnostici. Può anche significare che restino inosservate cause potenzialmente trattabili di indebolimento della memoria che imitano i sintomi di Alzheimer”.
Per poter sviluppare trattamenti efficaci, sarà necessario affrontare tempestivamente la condizione, ben prima che si producano danni cerebrali estesi, osservano gli studiosi, “Lo sviluppo di un semplice test per identificare le persone a rischio può essere di grande importanza perché permetterebbe la sperimentazione di nuovi trattamenti di primo fase, per prevenire o rallentare la malattia”.
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