Il lavoro è come il profumo. Lo si sente, se c’è. E lo si vede. Perché tutto cambia. Tutto diventa fatto con dignità e amore. Tutto si riveste di primavera. Come di primavera si rivesta la manifestazione di Libera,che si volge, da anni, proprio il giorno di primavera. E quest’anno, la scelta è caduta, finalmente, su Locri. La città che è stata simbolo, in diverse occasioni, mai dimenticate, di una lotta chiara e limpida, tenace e realmente alterativa, alla potenza dell’ndrangheta. E la scelta, oggi, finalmente, è condivisa da tutto l’episcopato calabro!

Sono perciò molto contento di questo evento. Lo avrei desiderato anche in altri tempi ed altre occasioni. Ma ne gioisco ugualmente; anzi, ancor di più. Perché vedo che la semente lanciata su terreni, spesso aridi, è germogliata, con abbondanza. Anzi, ha attecchito sempre più. Fino ad essere, ora, finalmente, un’esperienza modello. Lodata in alto, ammirata e copiata, con la stessa freschezza che ha il profumo di primavera. Non teme concorrenze. Non è fatto per essere rinchiuso in armadio. Non ha limiti. Il profumo non è né mio né tuo, ma è nostro! Come nostra deve essere la lotta antimafia. Con tutte le durezze e tavolata, anche gli immancabili sbagli o limiti o ricadute infelici. Ma è sempre un elemento necessario. Vitale, anzi, per contrastare il male, che si fa violento e diffusivo. Perché la mafia si ripercuote nei cuori, prima ancora che nei campi o nelle serre o nelle strutture di accoglienza alberghiera. E’ lì, nei cuori, che la mafia va battuta. E lo si fa, alzando gli ideali, credendo nel domani, piantando alberi, innescando processi lungimiranti più che occupando spazi immediati, come dice, con un’intuizione profetica papa Francesco, nella sua celebre (e sempre più attuale!) Evangelii gaudium(223).

E gioisco perché vedo che il profumo iniziale del lavoro come unico vero riscatto sociale è resistito nel tempo, con grazia e fedeltà. Perché ha radici ben piantate. Come i lamponi, sulle colline di Platì! Piantati con fiducia, proprio da quelle cooperative trentine che hanno intravisto in quel gesto, di venire cioè ad investire nel Sud, in una Calabria dimenticata, un segno di forte spessore sociale e politico. Ora quei segni sono lodali, ammirati. E la festa di Libera, il 21 marzo, profumo di primavera, premia tutte le realtà cooperativistiche della Locride. Anzi, lodano quella linfa nata ben oltre le attuali cooperative, perché sono state esse ad aver creato un contesto di speranza. Quella cioè di restare per cambiare. Poiché tutto è rinato da una frase, lanciata dal cuore di un ragazzo salito nella Valle di Mocheni, ammirato di tante ardue trasformazioni: Dunque, si può cambiare! Tutto parte da qui. Proprio come ha fatto Gesù, all’inizio della sua missione. E’ infatti proprio la frase che il sacerdote ci ha detto mentre poneva la cenere sulla nostra testa, all’inizio della quaresima: Convertitevi e credete al vangelo! Cambiare si può. Cambiare si deve. E non solo sulle colline della Locride, ma in trentino ed in ogni luogo. In ogni cuore. Perché l’economia non sia più un’economia che uccide. E non vi siano più imprenditori che fuggono e lasciano aziende per motivi speculativi, compiendo un peccato gravissimo, come ha detto ieri papa Bergoglio.

Cadono allora certe facili reciproche accuse. Perchè i pionieri vanno capiti ed accompagnati, poichè facilmente incorrono in errori. Reciproci. E perciò, compresi nel gesto della reciproca misericordia. Dal singolo alle istituzioni. Ed anche, ovviamente, dalle istituzioni giudiziarie alle singole coscienze!

E torna nel cuore anche il gesto estremo della scomunica, che ho lanciato nel marzo del 2006, davanti alla distruzione delle serre in fiore, per un veleno di morte. Gesto estremo, ma necessario. Eloquente, che ha reso quasi “maledetti” quei mafiosi che osano, ieri ed oggi, violare la vita nelle strade, nei campi, nelle case! Ovunque! Sempre la vita va amata e difesa. Come ha fatto san Giuseppe, davanti alla violenza di Erode, immagine eloquentissima di mafia. Dice appunto il testo biblico: L’angelo disse a Giuseppe: fuggi in Egitto, perché Erode vuole cercare il bambino per ucciderlo! Egli si alzò, di notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto! (Mt 2,14). Oggi è la festa di san Giuseppe, un papà che è stato un grande lavoratore e perciò sicura difesa del figlio Gesù. Perché dove c’è lavoro, ivi si respira un autentico e diffusivo profumo di speranza e di coraggio! Cioè di bellezza, poiché la bellezza è la miglior forma di antimafia, come mille volte abbiamo ripetuto in ogni angolo d’Italia, eco del cammino luminoso della Locride.

Padre Giancarlo Maria Bregantini – Arcivescovo