Il boss della ‘ndrangheta Mommo Piromalli, che si trovava nel piccolo comune marsicano sui Piani della Renga a Capistrello (Aq), nel 1968 al soggiorno obbligato, – secondo quanto riporta l’Agi – tornava in Calabria con un elicottero.
Lo ha ricordato oggi il vicequestore Michelangelo Di Stefano, escusso dal Procuratore distrettuale aggiunto della Dda, Giuseppe Lombardo, nel processo per il duplice omicidio dei carabinieri Vincenzo Fava e Antonino Garofalo assassinati in servizio il 18 gennaio 1994 nei pressi di Scilla, mentre pattugliavano l’autostrada Sa/Rc, su mandato di Giuseppe Graviano e Rocco Santo Filippone, nel contesto del periodo delle Stragi voluto da Totò Riina, durante l’udienza di oggi del processo ‘Ndrangheta stragista.
Il periodo della presenza a Capistrello (comune di origine della “famiglia” Fasciani) di Mommo Piromalli, confermerebbe – secondo l’accusa – i legami storici tra il patriarca della ndrangheta con Cosa nostra e i poteri deviati dello Stato. Il funzionario di polizia, infatti, ha citato come forte aperta, riportata nella sua informativa di reato depositata agli atti, il giornalista Dante Capaldi, del quotidiano “il Centro”, che nel 1968 era insegnante elementare nel piccolo comune della Marsica, dove aveva conosciuto Piromalli, appena giunto dalla Calabria.
«Piromalli si mostrava persona distinta – scrive Capaldi il 25 giugno del 2017 sul quotidiano abbruzzese – disponibile persino a far da padrino ai neonati locali quando gli veniva richiesto, consegnando ai genitori un regalo di 500mila lire, una cifra consistente, rispetto al mio stipendio di insegnante di 48mila lire, e disse anche di potermi aiutare nella mia carriera professionale».
«Capaldi – all’epoca collaboratore del quotidiano Gazzetta del Sud per la cronaca sportiva da l’Aquila – ricorda nel suo scritto la richiesta di Mommo Piromalli di avere una copia del giornale, «non per seguire la cronaca sportiva, ma per leggere le notizie relative al processo ai 116 mafiosi in corso in quel periodo dinanzi ai giudici di Catanzaro». Un personaggio potente, il mammasantissima di Gioia Tauro, tant’è che talvolta «veniva imbarcato su un elicottero sui Piani di Renga, con destinazione Gioia Tauro, per poi ritornare a Capistrello la sera di domenica».
Nel corso dell’udienza è anche intervenuto l’avvocato Giuseppe Aloisio, difensore di Graviano, che ha chiesto al funzionario di polizia numerose puntualizzazioni sui contenuti dell’informativa, in particolare, sulle testimonianze rese dai pentiti di ‘ndrangheta Fondacaro, D’Urzo e Bruzzese, in ordine ai rapporti tra ‘ndrangheta e cosa nostra, estremismo di destra e settori dei servizi segreti deviati. Il processo riprenderà il prossimo 14 novembre, quando sarà interrogato il collaboratore di giustizia Marcello Fondacaro, originario di Gioia Tauro.