Maltrattamenti in famiglia e atti persecutori: sono le accuse a vario titolo contestate a tre persone, una finita in carcere, un’altra ai domiciliari e la terza sottoposta ad un divieto di avvicinamento alle persone offese, così come disposto dal Gip del Tribunale di Crotone che ha emesso le relative misure cautelari poi eseguite dai carabinieri del capoluogo pitagorico, di Scandale e di Cirò Marina.
Le porte della casa circondariale si sono spalancate per un commerciante 36enne di Cirò Marina accusato di maltrattamenti in famiglia.
L’ipotesi è che da oltre due anni, ovvero dal giugno del 2020, avrebbe vessato la convivente, una 27enne originaria del Marocco che sarebbe stata picchiata, ferita ed ingiuriata. Al culmine di una lite per futili motivi avvenuta lo scorso 14 novembre, durante l’uomo le avrebbe lanciato contro il suo telefono cellulare, colpendola in faccia e provocandole delle escoriazioni.
Nel secondo caso di tratta di un 37enne originario di Cariati, nel cosentino ma residente nella città pitagorica, per il quale sono stati disposti i domiciliari con l’accusa di atti persecutori.
Secondo gli investigatori, dallo scorso maggio avrebbe perseguitato e minacciato ripetutamente l’ex compagna, una 37enne crotonese, inviandole numerosi messaggi molesti sul telefonino e appostandosi spesso per riuscire ad avvicinarla per strada, anche alla presenza di altre persone, tanto da provocare nella donna uno stato d’ansia perdurante che l’ha porta a cambiare le sue abitudini di vita.
Infine, il divieto di avvicinamento è stato notificato ad un bracciante agricolo crotonese, di 49 anni, irrogando indagato per maltrattamenti in famiglia.
In base alla ricostruzione dei militari l’8 ottobre scorso, dopo essere rientrato a casa al termine di un periodo di detenzione in carcere, avrebbe aggredito verbalmente e fisicamente, ed in diverse circostanze, la moglie – che già in passato lo aveva denunciato per lo stesso reato – e contro la loro figlia, adesso 21enne.
Le due donne, dopo l’ultimo episodio verificatosi il 21 novembre, hanno lasciato l’abitazione familiare e si sono rifugiate provvisoriamente a casa di alcune amiche, in attesa dell’attivazione della procedura di tutela delle persone vulnerabili prevista dal cosiddetto “Codice Rosso”.
In tutti e tre i casi, sono risultate rilevanti, per la ricostruzione degli eventi, le testimonianze delle vittime e di altre persone in grado di riferire sui fatti contestati, che hanno permesso di accertare le presumibili responsabilità degli indagati, i quali, dopo essere stati portati in Caserma, sono stati poi sottoposti alle misure del Gip.
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