Il Centro Operativo DIA di Milano, coordinato da quella Direzione Distrettuale Antimafia (Proc. Aggiunto Dott.ssa Alessandra Dolci e Sost. Proc. Dott.sse Alessandra Cerreti e Cecilia Vassena), questa mattina ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere ed agli arresti domiciliari, emessa dal GIP del locale Tribunale (Dott. Paolo Guidi) nei confronti di GALLIANI Paola, classe 1969, MORABITO Giuseppe, classe 1969, VERITA’ Enrico, classe 1961, FERRARO Massimo Emiliano, classe 1976 e CILIBERTO Federico, classe 1994, per il reato di estorsione (art. 629 c.p.) aggravata dal metodo mafioso (nuovo art. 416-bis.1 c.p., ex art. 7, d.l. 152/1991). L’attività odierna rappresenta la prosecuzione delle operazioni “Linfa” e “Kerina 2” che, nei mesi scorsi, avevano portato complessivamente al sequestro di oltre 150 kg di sostanza stupefacente ed all’arresto di 17 persone, principalmente di origini calabresi, per associazione finalizzata al traffico e alla detenzione di sostanze stupefacenti. Lo scorso 27 gennaio era stato, altresì, tratto in arresto NOVELLA Edoardo, figlio di Carmelo, già reggente della struttura di ‘ndrangheta denominata “Lombardia”, ucciso in un agguato il 14 luglio 2008 a San Vittore Olona (MI). NOVELLA Edoardo rivestiva nell’organizzazione indagata un ruolo di rilievo, in quanto aveva messo a disposizione, per il traffico di droga, i locali di una società a lui riconducibile. I destinatari delle ordinanze eseguite questa mattina – tre dei quali (MORABITO Giuseppe, FERRARO Massimo Emiliano e CILIBERTO Federico) già condannati in primo grado per l’associazione finalizzata al narcotraffico di cui sopra – sono stati ritenuti gravemente indiziati di un violento pestaggio avvenuto all’inizio del 2017 e consumato ai danni di un imprenditore locale. L’attività investigativa della DIA di Milano ha, infatti, consentito di dimostrare che i due “colletti bianchi”, al fine di riscuotere un preteso credito, hanno chiesto ed ottenuto l’intervento di soggetti contigui all’associazione criminale di stampo mafioso ‘ndrangheta, in particolare, riconducibili alle cosche PESCE e BELLOCCO di Rosarno. Gli stessi professionisti hanno attirato la vittima presso lo studio professionale con una scusa e lì è scattato l’agguato: gli altri indagati lo hanno circondato, minacciato e ripetutamente percosso, con lo scopo di estorcergli il pagamento dell’ingente somma di denaro. In quella ed in successive occasioni, gli indagati hanno richiamato minacciosamente le proprie origini e la contiguità con l’organizzazione mafiosa ‘ndrangheta.
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