Negli ultimo versi del Canto V dell’Inferno, Pia dei Tolomei rievoca sinteticamente la propria tragica fine l’immagine su cui insiste di più, è quella del matrimonio : ” salsi colui che ‘nnanellata pria disposando m’avea con la sua gemma”. In questi due versi ricorrono termini giuridici riconducibili al matrimonio. Tra l’altro il passo in questione è stato variamente interpretato e per intenderlo correttamente occorre tenere conto delle caratteristiche della cerimonia nel Medio Evo . Il fatto che colpisce di più è la giovanissima età degli sposi ( dodici anni per le donne e diciotto per gli uomini , ma si hanno anche casi di matrimoni più precoci ). Lo stesso Dante fu promesso sposo a Gemma Donati . quando lei aveva dodici anni e in quella occasione fu stabilita la dote . Ovvio che l’amore dovesse sbocciare difficilmente . Dante in effetti non nomina mai la moglie nelle sue opere . Poi c’era la consuetudine , soprattutto tra le famiglie nobili , di combinare i matrimoni per motivi economici . I sentimenti non erano dunque , in tali casi, tenuti in alcun conto . Un altro aspetto curioso era la figura del sensale di matrimoni , che svolgeva una professione ufficialmente riconosciuta, il suo compito era quello di mettere in contatto le famiglie .

La dote , cioè il complesso dei beni o il denaro che la moglie doveva portare al marito per contribuire alle spese della futura famiglia , era una condizione indispensabile per le nozze, per soddisfare la quale certe voglie si avviavano lunghissime trattative . Ad esempio per il matrimonio tra Carlo degli Adimari e Filippa Peruzzi , matrimonio di riconciliazione fra le famiglie , le discussioni per arrivare a un accordo durarono più di sei anni, dati gli ingenti patrimoni in gioco , e vi parteciparono vari mediatori compreso il vescovo di Fiesole. Della presenza di quest’ultimo non c’è da meravigliarsi , in quanto il matrimonio non era un fatto solo privato ma sociale e religioso. Lo testimonia il fatto che, dopo l’accordo sulla dote , la promessa di matrimonio avveniva alla presenza di un notaio e di vari testimoni, in luogo pubblico , davanti al palazzo di una delle due famiglie o sul sagrato di una chiesa o addirittura sulla piazza del palazzo dei Priori.

Durante questa cerimonia detta sposalizio o mogliazzo . avveniva lo scambio degli anelli . A sugello della promessa reciproca , i due padri si stringevano la mano , la palma, da qui deriva il verbo impalmare e la locuzione impalmare una figlia col senso di darla in sposa . Chi veniva meno a questo impegno solenne poteva incorrere nella vendetta dei familiari della parte danneggiata , come accadde a Buodelmonte che, promesso sposo a una Amidei , ruppe il fidanzamento per sposare una Donati e fu ucciso il giorno stesso delle nozze ( come scrive il Sommo Poeta, Dante, nel canto XVI del Paradiso, questo episodio dette vita al movimento dei Guelfi e dei Ghibellini) .
La cerimonia vera e propria del matrimonio avveniva qualche giorno dopo . Questa prassi dei due momenti porterebbe a un chiarimento , secondo molto commentatori , dal passo relativo a Pia dei Tolomei , nel quale i due termini prima ricordati ” innanellare e disposando ” , si riferirebbero non al matrimonio ma alla prima cerimonia. Un ultima curiosità riguarda il banchetto di nozze: quello a casa dello sposo poteva durare anche tre giorni ; successivamente ci si trasferiva nella casa della sposa , dove si continuava per altri giorni ancora.
Professore Vincenzo Bruzzaniti