Il ruolo della donna nelle associazioni criminali di stampo mafioso è sempre stato caratterizzato da una certa ambiguità. La presenza femminile nell’organizzazione si basa sia su un’esclusione formale che in una partecipazione sostanziale alla vita dell’organizzazione. Le donne non fanno giuramento di fedeltà all’organizzazione perché il loro primo dovere è quello di essere fedeli ai propri uomini. Nei casi in cui alle donne venga riconosciuto tale titolo, queste hanno il compito di dare assistenza ai latitanti, di far circolare le ‘mbasciate e di mantenere i contatti, attraverso i colloqui, tra i detenuti e l’organizzazione esterna.
Certo è che negli ultimi anni la Mafia e le donne si sono evolute, non si tratta più di riti di affiliazione e lupare, ma di gruppi di persone guidati da un capogruppo, che spesso hanno a che fare con situazioni internazionali per creare un vero e proprio business.
Tutto questo è emerso nella relazione semestrale della Direzione Distrettuale Anti Mafia, che ha analizzato gli ultimi risvolti delle mafie e i loro nessi nella società. Portando alla luce la sempre più evidente e insistente presenza delle donne all’interno delle mafie. Le donne all’interno delle organizzazioni mafiose hanno da sempre esercitato compiti tradizionali nella sfera del privato. Questi compiti riguardano l’educazione dei figli e delle figlie, l’incitamento alla vendetta, la garanzia della reputazione maschile e i matrimoni combinati. Oltre a questi compiti tradizionali le donne svolgono anche dei ruoli importanti nell’ambito criminale, che si concretizzano sempre prevalentemente in funzioni di supporto e di sostituzione agli uomini.
Sempre secondo la relazione semestrale in Calabria molta attenzione va fatta alle possibili mire espansionistiche della ‘ndrangheta, che potrebbe interessarsi alle procedure di gestione dei fondi comunitari, ai piani di rilancio industriale, agli investimenti edilizi e al porto di Gioia Tauro, per non parlare dei settori a rischio come scommesse e sport.
Carlotta Tomaselli
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