Nessuno stress da Covid alla base dell’omicidio di Lorena Quaranta, la studentessa in procinto di laurearsi in Medicina uccisa il 21 marzo 2020, in piena pandemia, a Furci Siculo (Messina) dal fidanzato Antonio De Pace.
La Corte d’Assise d’Appello di Reggio Calabria ha infatti confermato la pena dell’ergastolo per l’infermiere vibonese autore del delitto, condividendo di fatto la sentenza emessa dalla Corte d’Assise di Messina, poi annullata con rinvio, a luglio scorso, dalla Cassazione “limitatamente al diniego delle circostanze attenuanti generiche”.
Per la Suprema Corte, i giudici di secondo grado della città siciliana dello Stretto non avrebbero tenuto conto che l’omicida sarebbe stato “stressato” a causa del Covid.
Tesi fatta propria anche dalla Procura generale di Reggio Calabria che, nella requisitoria del sostituto procuratore Domenico Galletta ha chiesto di ridurre la condanna a 24 anni di carcere.
Il riconoscimento delle attenuanti generiche, però, è stato ancora una volta negato. Nulla di fatto e verdetto di “fine pena mai” per De Pace, difeso dagli avvocati Salvatore Staiano, Bruno Ganino e Marta Staiano. In occasione delle arringhe difensive, lo scorso 17 ottobre, i legali dell’imputato avevano auspicato una “pena proporzionata”, condividendo le indicazioni della Cassazione. In tal senso avevano sostenuto che l’omicidio di Lorena Quaranta non poteva “essere considerato di genere” perché “omicidio apparentemente senza causale se non quello dello stato di angoscia” che De Pace non è riuscito a controllare, tentando, tra l’altro, due volte il suicidio.
Le motivazioni della sentenza saranno depositate entro 90 giorni. Solo dopo si capirà se ci sarà un nuovo processo in Cassazione.
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