Farebbero parte di una associazione internazionale dedita al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina ed al riciclaggio di denaro le 29 persone arrestate questa mattina  dalla Polizia su richiesta della Procura e della Dda di Catanzaro.

Un vero e proprio sodalizio attivo in Italia, in Turchia ed in Grecia, che permetteva a numerosi migranti di sfruttare la rotta marittima del mediterraneo orientale per raggiungere il nostro Paese e poi, da qui, il resto d’Europa.

Indagine non a caso chiamata “Caronte” e che nasce da lontano: era il 2018 quando la Sezione Navale della Guardia di Finanza di Crotone avviò i primi accertamenti a seguito di alcuni sbarchi avvenuti nella stessa provincia.

In tutti i casi si ripresentavano delle similitudini, dal tipo di natante utilizzato ai soggetti che li conducevano, prevalentemente di nazionalità ucraina o comunque provenienti dall’ex area sovietica.

Da queste semplici constatazioni è stato possibile ricostruire i movimenti del sodalizio – composto prevalentemente da soggetti di curdo-iracheni – che aveva individuato nelle coste ioniche il luogo ideale per gli sbarchi.

DA AKSARAY A CROTONE, PASSANDO PER SALONICCO

Arrivare in Europa era una vera e propria odissea per i migranti che si rivolgevano al sodalizio criminale, per altro molto costosa: ogni singolo viaggio aveva un costo compreso tra i 7 ed i 15 mila euro, corrisposti mediante l’oramai noto istema hawala.

Metà del compenso pattuito veniva corrisposto alla cellula turca, che forniva così le informazioni per raggiungere indisturbati determinati punti della frontiera ellenica. Una volta li, la cellula greca riusciva a far giungere i migranti a Salonicco, dove veniva versata la seconda tanche del compenso. Da li, poi, venivano trasferiti nelle località di mare (sopratutto Atene e Patrasso) dove si imbarcavano per la traversata dello Ionio.

Il viaggio in mare avveniva quasi sempre su imbarcazioni a vela, in grado di eludere facilmente i controlli aerei. In alcuni casi sono stati documenti dei viaggi partiti direttamente da Smirne, in Turchia, senza passare per la Grecia.

Una volta giunti sulle coste del crotonese, i membri della cellula italiana garantivano un servizio di trasporto con destinazione Milano o Torino, ma anche Ventimiglia e Trieste in base alle destinazioni da raggiungere. Il tutto avveniva dietro un ulteriore compeso (tra i 500 ed i 600 euro) ed il trasporto avveniva a bordo di camion, treni ed in alcuni casi addirittura taxi.

L’ATTENZIONE AI PAGAMENTI E LA GESTIONE DEL DENARO

I migranti dovevano, in ogni caso, sempre dimostrare di essere in regola con i pagamenti delle varie tappe. Chi non lo era veniva “bloccato”, ed era dunque impossibilitato a proseguire in autonomia il viaggio, dovendo ricorrere ai parenti ed ai familiari per saldare il conto.

Tutto questo denaro veniva trasferito in una sorta di cassa comune, gestita da alcuni soggetti residenti a Trieste. Numerosi i dati finanziari ed economici analizzati, che hanno permesso di scoprire continui trasferimenti di denaro – pari a 999 euro a settimana – tramite sistemi di money transfer intestati a prestanome compiacenti.

Il tutto serviva per riciclare il denaro e non lasciare tracce della sua provenienza illecita. Dalle risultanze investigative, il sodalizio sarebbe riuscito a concludere almeno una trentina di sbarchi, avvenuti negli scorsi anni tra le coste calabresi e pugliesi.

Impiegati oltre duecenti agenti della Polizia di Stato, coordinati dalla Direzione Centrale Anticrimine, appartenenti oltre che al Servizio Centrale Operativo, alla Squadre Mobile di Crotone, in collaborazione con la Squadra Mobile di Brindisi, Foggia, Grosseto, Imperia, Lecce, Milano, Roma, Torino e Trieste con il supporto di diverse articolazioni territoriali del Reparto Prevenzione Crimine.

L’operazione è stata estesa anche all’estero grazie alla partecipazione dell’Europol e dell’Interpol, visti i mandati di arresto internazionali nei confronti di alcuni soggetti coinvolti.

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