È arrivata avvolta in una coperta dentro un vecchio parka marmottato, che qualcuno a bordo aveva prestato alla madre per metterla al riparo da ogni rischio, soprattutto dal freddo. Un giorno Sana, che in arabo significa Splendorepotrà raccontare ai suoi amici di essere venuta al mondo su un barcone in mezzo al mar Jonio. A darla alla luce in condizioni che definire proibitive è un eufemismo la sua mamma Batul, giovane donna di origini siriane, stipata insieme ad altre 240 persone su un vecchio peschereccio partito dalla Turchia e soccorso a 80 miglia dalla costa, dopo l’allarme lanciato su Twitter dalla ong Alarm Phone sabato pomeriggio.

Onde alte e mare in tempesta rischiavano di mettere in pericolo la vita dei migranti a bordo, mentre il peschereccio, a lungo bloccato e con il motore in avaria, stava imbarcando acqua. All’improvviso Batul, che ha viaggiato insieme al fratello, viene colta dalle doglie, e dal barcone parte un drammatico SOS attraverso un telefono cellulare. Al porto di Roccella Jonica una motovedetta della Guardia Costiera molla gli ormeggi e dopo diverse ore di navigazione sotto una pioggia battente con mare forza 6 e vento a 30 nodi, riesce ad intercettare i profughi. «It’s ok, it’s ok» grida forte un soccorritore marittimo per tranquillizzare i migranti. Ma le operazioni di trasbordo dal barcone, che nel frattempo qualcuno dei passeggeri aveva provveduto a riparare alla meno peggio con un telo di plastica, non sono semplici. Intanto dalla stiva arrivano i pianti di Sana appena nata, dopo un parto concluso felicemente, mentre il gommone della Guardia Costiera, recuperati tutti i migranti, è pronto per fare rotta sulla Locride e assicurare a mamma e figlia le necessarie cure.

«Batul e suo fratello arrivano da Idlib – spiega un testimone, città a nord della Siria, a ridosso del confine con la Turchia – Un territorio devastato da bombardamenti e da una crisi economica che ha causato gravi conseguenze per i civili – continua – costretti a lasciare tutto per trovare rifugio altrove». «La ragazza inizialmente non stava bene – racconta Concetta Gioffrè, responsabile della Croce Rossa della costa dei gelsomini – poi si è ripresa. Le sue condizioni generali sono buone – spiega – così come quelle della bimba che è stata controllata, lavata e vestita».

Per loro è stato disposto il ricovero all’ospedale di Locri nei reparti di Ginecologia e Pediatria, dove costantemente sono tenute sotto controllo dai sanitari. Ad accompagnarle in ambulanza voleva esserci anche il fratello, ma le stringenti norme anti-Covid non lo hanno consentito. «Nonostante le difficoltà, rispetto ad altri sbarchi di cui ci siamo occupati – ha evidenziato Gioffrè – fortunatamente loro sono stati accuditi benissimo da chi li ha accompagnati. Una volta superata la fase critica, la mamma ha voluto tenere con sé la bambina appoggiandola sul cuore – ha rimarcato – Le emozioni che si provano nell’aiutare le persone, tenere tra le braccia una nuova vita, ripagano tutti i sacrifici che noi volontari affrontiamo con il cuore per rendere migliori le vite delle persone vulnerabili».

Donna e bimba resteranno nella Locride per tutto il periodo di quarantena. Poi saranno trasferite in un Cas, anche se ancora dal Viminale non sono giunte indicazioni. L’intenzione è quella di non separare il nucleo familiare mentre a Roccella sono già in corso i trasferimenti a gruppi dei migranti salvati. Il centro rivierasco del reggino è infatti solo luogo di prima accoglienza. «Per la migliore gestione del fenomeno – dice la Prefettura – sono in corso le attività volte alla realizzazione di un hotspot in quel centro».

Ilario Balì – Ilreggino.it