Oltre 90 chilometri di coste, un mare pulito e pescoso, un patrimonio montano variegato, un clima unico e propizio: la natura ha donato alla nostra provincia uno degli angoli più belli del mondo.

Incastonati tra l’Aspromonte, rigoglioso nella sua natura incontaminata, ed il mitico mare Jonio, dal quale vennero i Greci, portatori della cultura, dell’arte e della grandezza dell’Ellade, si trovano i 42 comuni che compongono il territorio della Locride, appartenente alla Regione che Corrado Alvaro definì la “regione più misteriosa e inesplorata d’Italia”.

La Locride è accarezzata da una larga e bianca spiaggia che si estende lungo gli oltre 90 km di quella che viene comunemente chiamata la Costa dei GelsominiLa pianta di gelsomino, diffusa in tutta la provincia reggina ma tipica soprattutto del territorio della Locride, dà il nome ad una delle coste più belle d’Italia, unica per continuità e bellezza. Ma la Locride non è solo mare cristallino, spiagge caraibiche e alte scogliere,  infatti grazie alla presenza di uno spartiacque naturale tra Jonio e Tirreno, alcuni dei comuni che compongono l’area ricadono proprio all’interno del Parco nazionale dell’Aspromonte, parliamo di Africo, Antonimina, Bruzzano Zeffirio, Canolo, Careri, Caulonia, Ciminà, GeraceMammola, Platì, Sant’Agata del Bianco, Samo e San Luca. Questi borghi, che abbondano di storia e tradizione, sono la cornice di un paesaggio ricco di contrasti e, senza dubbio, unico nel suo genere.

Il territorio della Locride si caratterizza anche per le sue tradizioni e per le sue specialità gastronomiche: un territorio così variegato non può che regalare prodotti tipici di altissima qualità, come salumi, olio e formaggi. Per conoscere le usanze di questa terra e scoprire dove assaporare i prodotti tipici, visita le sezioni dedicate all’interno della pagina cosa fare.

La Costa dei Gelsomini è anche celebre per le produzioni artigianali tra cui i tessuti realizzati a mano con i telai e le terrecotte di Gerace, la lavorazione del legno e delle pregiate pipe in radica di Serra San Bruno.

Careri

Careri (Harèri in calabrese greco-calabro) è un comune italiano di 2.328 abitanti della città metropolitana di Reggio Calabria, in Calabria.

Storia

Secondo la leggenda il paese trarrebbe origine dall’antica Pandora, distrutta da un terrificante terremoto nel 1507. Gli abitanti di questo centro, in seguito al sisma, si sarebbero dispersi in varie zone insediandosi soprattutto nell’area che ospita oggi il paese.
Fino a quando non fu riconosciuto Comune autonomo, nel 1836, fu feudo conteso da ricchi casati, subendo, dunque, come molti altri centri, il sistema feudale.
Il feudo è passato dai Fedele di Bagnara ai Coscinà di Palmi (1710-1767), agli Spinelli, Principi di Cariati (1767-18111). Durante il “governo”degli Spinelli, i Francesi cambiarono l’ordinamento amministrativo della Calabria a più riprese e gli Spinelli dovettero cedere parecchie terre demaniali. Il nuovo ordinamento amministrativo voluto nel 1799 dal Generale Championnet comprendeva Careri nel Cantone di Roccella, Dipartimento della Sagra. Otto anni dopo, con la legge del 19 gennaio 1807, Careri veniva degradato a “luogo” del cosiddetto governo di Ardore. Veniva addirittura declassato a “villaggio” cioè a frazione di Benestare, nella giurisdizione di Ardore a seguito del decreto del 4 maggio 1811. Dovevano passare 25 anni prima che Careri venisse rilevato a Comune autonomo,con l’aggregazione di Natile, a seguito del decreto del 18 luglio 1836. E’ stato durante la dominazione militare francese che gli Spinelli furono chiamati in causa per la divisione delle terre demaniali con i Comuni di “Careri, Natile e Plati’”della Provincia di Calabria Ulteriore Prima.
Venne colpito duramente, riportandone gravi danni, dai sismi del 1783 e del 1908, a cui si aggiunse la catastrofe operata dalle alluvioni del 18 ottobre del 1951 (10 vittime) e del 1973. Infatti le alluvioni, ancora oggi, sono il grande problema di questo caratteristico centro.
Careri, oggi, si presenta quale cittadina piuttosto ordinata, caratterizzata da alcune case antiche molto interessanti. Agli occhi di chi lo osserva da un’altura, Careri appare come un pittoresco centro dai tetti di cotto e dalle vie strette e tortuose.
Agli occhi di chi la osserva da un’altura appare quale pittoresco centro dai tetti di cotto e dalle vie strette e tortuose. A poca distanza dell’abitato si possono notare i ruderi delle antiche mura. Vi sono, inoltre, visibili i resti di un acquedotto. La frazione Natile nuovo è sorta in seguito all’alluvione del ’51. Oggi è il centro più popoloso dell’intero comune.
La Chiesa madre, di antica costruzione, conserva alcune opere d’arte significative. Rimangono, in località Panduri, i resti della vecchia Pandore.
Dal Belvedere l’orizzonte si allarga nell’ampia conca, appoggiata nel cuore dell’Aspromonte. Da questo punto è possibile ammirare il grandissimo megalito noto come “Pietracappa”.
L’economia si basa sulla fiorente produzione di cereali, olive, agrumi e frutta. L’allevamento del bestiame, conserva ancora oggi una certa importanza. Nel suo territorio esiste una sorgente di acqua ferruginosa fredda.
Vi sono nati: Natale Diaco, enciclopedico (secolo XVII); Fra Diego, scultore; Francesco La Cava, docente di medicina tropicale, artista (1877-1958); Francesco Perri, scrittore (fu uno degli interpreti più importanti della “Questione Meridionale”).
Careri è un paese di montagna per cui agricoltura e pastorizia la fanno da padrone. Si coltivano ortaggi, viti e ulivi, ma non mancano ottimi agrumi. Vi sono allevamenti, spesso a conduzione familiare, di ovini e bovini. Vi è un fabbrica di reti per recinzioni.
L’artigianato locale: la tradizione tessile è ancora fiorente. Capita spesso di trovare splendidi telai nelle case careresi. Le donne tessono pregiate coperte, asciugamani, tovaglie da tavola in lana e seta. In passato si usava anche la fibra di ginestra, meno preziosa, ma assai più resistente della seta.
Pietra Cappa
È un enorme sasso (alto 176 m) dall’aspetto simile ad un panettone posto su un piano nella pianura vi sono anche pietre minori. Alla base vi è un lastrone appoggiata ad essa che determina interessanti effetti chiaroscurali.
Padre Fiore nella sua Calabria Abitata ci fa sapere anche che Careri, nel XVII secolo, fu una baronia dei Fedele di Bagnara. Il barone era Fabio Fedele il quale ebbe come erede il figlio primogenito Antonio che studiava in un collegio di Napoli tenuto dai Gesuiti. Costui, però, con grande meraviglia dei suoi parenti rinunziò ben presto al suo patrimonio e si diede alla povertà della vita monastica. Nel 1696, conferma P. Fiore, prese la via delle Indie occidentali. Lo ritroviamo prima a Siviglia e poi a Buenos Ayres dove lavorò alla conversione degli Indios dell’ Amazzonia e dove morì,in completa povertà, a distanza di qualche anno. Attraverso la lettura degli scritti di P. Fiore si è venuti a sapere che Careri ebbe anche uno scultore eccellentissimo in “fra Diego, laico di Careri”. Secondo quanto scrive P. Fiore sono di fra Diego le statue di S. Francesco a Ripa in Roma, quella degli Angeli in Napoli, nel convento detto di S. Maria degli Angeli, ove lavorò per ordine del Generale P. Giovanni da Napoli. Morì in Sicilia e scrive P. Fiore,a distanza di tre giorni dalla morte del suo corpo urtato distrattamente da un frate, ”gli uscì sangue caldo da una piaga, qual’ebbe mentre viveva, il quale poi applicato agli occhi di un cieco, tosto l’illuminò”.