È previsto per questa mattina l’inizio della requisitoria del maxi processo “Metropolis”, scaturito da un’indagine della Guardia di finanza iniziata nel 2008, in seguito era stata la Dda reggina con il procuratore aggiunto Nicola Gratteri ad aver individuato dietro gli investimenti immobiliari nella Locride la famiglia Acquino di Marina di Gioiosa e Morabito di Africo.
Gli imputati al processo sono 28 e devono tutti rispondere di intestazione fittizia di beni, reimpiego di capitali e molto altro.
Ieri si è svolta l’udienza nella quale è stato ascoltato “Titta”, Antonio Femia, divenuto collaboratore di giustizia, che sulle domande del pm ha ricostruito tutte le vicende che hanno portato alla sua collaborazione, raccontando anche fatti cruenti come il battesimo che ricevette dalla ‘ndrangheta quando aveva appena 16 anni, ha poi svelato come la sua famiglia si fosse svincolata e allontanata dalla ‘ndrina di Gioiosa Superiore per problematiche “familiari”.
Il 34enne Titta ha parlato delle proposte che aveva ricevuto nel 2013 per comprare una mansarda in un residence costruito sul lungomare di Gioiosa, di come aveva declinato quell’invito all’acquisto e anche qualcun altro, e ha parlato invece del “villaggio” di Riace nel quale sarebbero dovute intervenire società straniere, dove il denaro, proveniente da illeciti, non sarebbe stato rintracciabile. Ma su questa questione, il collaboratore di giustizia, non essendo a quei tempi interessato all’affare non avrebbe chiesto o saputo più di tanto.
Un flusso infinito di capitali triangolavano fra il Nord Europa, la Spagna e la Calabria e solo grazie a un errore tecnico che ha portato al fallimento della società schermo italiana è stato possibile ricostruire tutto. A mettere gli inquirenti sulle tracce del business milionario che le famiglie Aquino e Morabito avevano messo in piedi è stato un controllo occasionale su un’auto proveniente dall’Albania effettuato da due finanzieri di Bari. A bordo non solo c’erano quattro persone di San Luca, già note alle forze dell’ordine, ma soprattutto le planimetrie del complesso turistico-alberghiero “Gioiello del mare” – oggi finito sotto sequestro perché totalmente abusivo – riconducibile alla Metropolis 2007 srl, una delle società della galassia dei clan. Un particolare che ha acceso l’interesse investigativo degli inquirenti che per anni hanno battuto la pista dell’edilizia turistica e residenziale fino a scoprire la rete tessuta attorno a sé da Rocco Morabito, figlio del boss Peppe Tiradritto.
Carlotta Tomaselli
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