OMC – STORIA
L’OMC fu fondata da un ingegnere meccanico, Vincenzo Bruzzese, classe 1896 e nato a Grotteria (RC). Perito industriale, apprese i primi rudimenti nella piccola officina di fabbro del papà. Si trasferì a Friburgo (Svizzera) quando decise di continuare gli studi, dove a quel tempo la facoltà d’ingegneria meccanica era tra le migliori d’Europa. Conseguita la laurea con il massimo dei voti, fu assunto alla Diatto di Torino (fabbrica locomotori di treni) con l’incarico di vice direttore. Dopo quattro anni, decise di ritornare nella propria terra natia, fondando nel 1924 a Gerace Marina un’officina meccanica, con attrezzature all’avanguardia, per rettifiche di motori e quant’altro di tecnologico. Si occupava di produzione di semilavorati e finiti ed era munita di proprie fonderie, con 250 dipendenti provenienti anche dal Nord (Torino), dove Bruzzese conosceva bene l’ambiente industriale.
I suoi prodotti tiravano bene per rapporto qualità prezzo e incominciarono ad arrivare le commesse anche dall’estero, comprese quelle di Stato: marina militare, ferrovie ed altri enti importanti; fornì anche gli arsenali militari di Taranto e Castellamare di Stabia. Ma la crisi mondiale del 1929 si fece sentire anche in Calabria e, tra magazzini pieni di materiale invenduti, le commesse scarseggiarono. L’ingegnere si trovò ad un bivio importante: o ridimensionare drasticamente l’industria con licenziamenti ed altri provvedimenti o riconvertirla in prodotti di maggiore uso e consumo.
Decise così di progettare una motoleggera, mantenendo al loro posto i dipendenti senza alcun licenziamento. Assunse a tal proposito un tecnico motorista torinese che precedentemente aveva conosciuto, Giovanni Ladetto, con l’incarico di capo tecnico, tracciò il progetto di base e ne affidò l’incarico per lo sviluppo. Incominciò il vero sogno dell’industria meccanica calabrese e del meridione, la produzione di motociclette OMC 175 cc a partire dal 1932 al ritmo di un esemplare al giorno con l’obiettivo di dieci.
Proprio quell’anno, dodici moto calabresi sfilarono a Roma in via dei Fori Imperiali in occasione del decennale del governo fascista al cospetto di Mussolini. Bruzzese era in prima fila nel corteo di 300 motociclette provenienti da tutta Italia e teneva issato un vessillo con la scritta “I centauri calabresi di Gerace Marina”. Ricevette in quell’occasione un poster con così scritto: “A Vincenzo Bruzzese, pioniere del mezzogiorno d’Italia e della Calabria”.
L’industria OMC era il fiore all’occhiello della locride dove vi era un fermento sociale, le famiglie dei tecnici e degli operai frequentavano bar, ristoranti ed altri intrattenimenti mondani. Bruzzese aveva realizzato un circolo ad hoc che per l’epoca nella locride era un vero “sacrilegio”; i poteri dominanti del luogo non accettavano quel tenore di vita anche perché a loro conveniva tenere la gente “schiava” del loro potere consolidato nel tempo, imponendo le assunzioni nei campi di manodopera priva di alcuna dignità o rispetto di regole sindacali.
Siamo cosi quasi alla fine del 1934. Si creava da quel momento un crescendo e continuo astio: da un lato baronie, massoni e anche istituzioni, sostenuti dai potestà del partito fascista, dall’altra parte la fabbrica di Bruzzese in quanto tale sinonimo di ricchezza, benessere e libertà. Di mezzo vi era in atto anche il fallimento della banca di Gerace del ragioniere Brizzi, che gestiva anche la OMC ma in modo personale ed improprio, tanto da far intervenire le autorità bancarie ad eseguire verifiche e controlli. A seguito di ciò risultavano effettivamente degli ammanchi nelle casse dell’istituto, per i quali i soci attribuivano la complicità al proprietario Bruzzese, ignaro di tutto ciò che il suo ragioniere amministrava in entrambe le imprese. Si arrivò all’arresto del fondatore delle OMC e quindi al fallimento dell’industria, con il curatore fallimentare Ing. Franco, celeberrimo nemico di Bruzzese, che fu nominato ad hoc dai giudici, svendendo e trafugando tutto ciò che era appetibile, compreso l’archivio aziendale dove veniva custodito il materiale cartaceo, progetti e ricerche riservate dell’ufficio tecnico.
Dapprima condannato a quattro anni di carcere per presunta truffa ai danni della banca di Gerace, Bruzzese fu successivamente assolto in appello con formula piena per non aver commesso il fatto. Ormai però per l’industria non c’erano più le condizioni di riattivazione.
Dal carcere l’ingegnere nei suoi memoriali, dopo non pochi appelli al giudice e alla curatela per non distruggere e svendere la fabbrica in quanto per realizzarla era costata immani sacrifici, scriveva molte profezie tra le quali una memorabile: “mai più ricordatelo nel vostro paese risorgerà un simile faro di luce e di civiltà”.
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