C’è un futuro per i giovani della Locride portatori di Handicap ? E’ l’interrogativo che ripropone a distanza di dieci anni T. C. madre di un ragazzo sidernese che già dieci anni addietro aveva tentato disperatamente di “aggrapparsi” alla legge n°68 del 12 marzo 1999 che riguardava l’assunzione obbligatoria dei soggetti portatori di handicap nella convinzione che suo figlio, un audioleso, potesse essere impiegato e, quindi, inserirsi nella società. Una convinzione risultata, purtroppo, errata perché a distanza di tanto tempo – la donna aveva “girato” il suo appello alle istituzioni anche attraverso la Gazzetta – dopo aver tentato inutilmente tutte le strade concesse dalle normative di legge si è resa conto che in questa zona i diritti e, a volte, anche le leggi lasciano il tempo che trovano ” Ti senti dire – ci spiega – che la legge per i disabili c’è e che a loro alcuni posti toccano di diritto ma quando si arriva al dunque ci sono sempre degli ostacoli e si finisce anche con rimanere umiliati. Intanto il tempo passa, i grandi diventano vecchi e i giovani diventano grandi com’ è il caso di mio figlio che ormai si avvicina ai 30 anni e prima o poi si sentirà dire che ha superato l’età utile per godere dei benefici che la sua precarietà gli garantirebbe. Ormai ho perso la fiducia nelle istituzioni e per quanto riguarda la vicenda personale della mia famiglia sono sul punto di gettare la spugna, ma la mia protesta è indirizzata a tentare di salvaguardare tanti altri giovani che sono nelle condizioni di mio figlio, già puniti da madre natura per i loro handicap e che, senza neppure una ragione di vita finiscono col rimanere fuori da ogni ambiente sociale e, finanche, si ammalano ed hanno necessità di andare dallo psicologo con ulteriori danni per le loro famiglie”. Le chiediamo di raccontarci la “sua” storia. ” Non è solo la mia storia – ci dice – ; sono convinta che questa storia è uguale a quella di tanti madri e di tanti padri che hanno la gioia di avere figli ma anche la “sventura” di averli con qualche handicap. Parlare, dunque, di questa storia è soprattutto parlare di una storia comune a tanti altri o, se vogliamo, piu’ semplicemente parlare di un problema che esiste e che dovrebbe essere affrontato con piu’ serietà da chi ci governa. Sono la madre di un giovane portatori di handicap “audioleso” e mio figlio, oltre a continuare a portare la sua croce a vita perche’ è sordo e si sta pian piano logorando chiudendosi sempre piu’ in se stesso, (è seguito anche da uno psicologo), perchè si è reso conto che tutti gli sforzi che abbiamo fatto e stiamo facendo per trovargli un lavoro si stanno rivelando vani. Si sente, insomma respinto dalla società . E’ chiaro che per lui la migliore medicina sarebbe stato quell’agognato posto di lavoro che gli avrebbe consentito il contatto con gli altri e, quindi, la possibilità di fargli pesare di meno il suo stato di handicap, indipendentemente dal suo status economico. Un modo insomma che lo avrebbe potuto farlo sentire uguale agli altri. Abbiamo bussato a tutte le porte, abbiamo cercato di fargli fare qualche concorso ma il suo handicap anziche’ aiutarlo pare penalizzarlo. Sappiamo che nella nostra zona la carenza di lavoro è enorme e la disoccupazione incombe su molti giovani , ma per questo ragazzi, piu’ sfortunato di tanti altri, ci vorrebbe maggiore umanità. Invece di loro pare non importare a nessuno. Anche qualche promessa, con l’andare del tempo si tramuta in docente delusione. Ecco perché mi chiedo a che serve una legge nata per tutelare i portatori di handicap se poi non viene applicata”. Lo sfogo di T.C., perché di questo sanno le sue parole, velate dall’amara sensazione che il suo sarà l’ennesimo grido al vento, continua con l’affermazione che ” Non c’è cecità peggiore di coloro che di fronte a cosi’ gravi problemi chiudono gli occhi. Da anni gli Enti locali – aggiunge – non provvedono a garantire le categorie protette. Io non so piu’ cosa fare . Continuerò a combattere per mio figlio ma io spero anche che questa mia denuncia attraverso la ” Gazzetta” serva a svegliare le coscienze di chi puo’ fare qualcosa per alleviare le sofferenza dei giovani con handicap e delle loro famiglie. Prendete il mio grido di aiuto anche come un grido di speranza”.

Aristide Bava

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