Molte famiglie calabresi, nel mese di gennaio, vedono rinnovarsi il tradizionale rito della macellazione del maiale.
Per secoli il maiale è stato al centro dell’alimentazione con l’allevamento dell’animale la sua macellazione e la preparazione degli alimenti che poi, in una sorta di vera e propria festa, vengono consumati dall’intera famiglia
Nella prima metà del secolo, almeno dalle nostre parti, non erano ancora diffuse le macchinette trita carne per cui la polpa di salsicce e soppressate era tagliuzzata a mano fino a ridurla a dadini. Si trattava, ovviamente, di un lavoro massacrante che impegnava le donne per un paio di giorni. Una volta preparata la pasta col sale e le spezie, iniziava la lunga e fastidiosa operazione dell’insaccaggio.
Dalla macellazione si ottengono innanzitutto i prodotti alimentari più nobili, come prosciutti, capicolli, salsicce, soppressate e pancetta, poi con tutto ciò che rimane si prepara la “Caddara”.
La caddàra, è un grande pentolone dove vengono fatte bollire, nel grasso e per circa sei ore, le costine e le parti meno nobili del maiale, come il collo, la lingua, le orecchie e la cotenna. A fine cottura la carne diventa molto tenera ed è pronta per essere consumata, rigorosamente calda.
La “caddara” è l’ultimo atto del rito del maiale, una giornata di festa dove amici e parenti si riuniscono attorno ad una grande tavolata e che prevede un menù con moltissime portate tra cui le frittole di maiale (piatto tipico a base degli scarti del maiale che restano dopo la pulitura).
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