Il castello di Grotteria tra realtà e leggenda
Testo e foto di Daniela Ferraro
“[…] Pò nta l’artura surgi nu casteju chi domina u pajisi finu o mari se va u scavi trovi nu trisoru: i pulicini cu na jiocca d’oru. GROTTERIA tu ti chjami, grutta d’oru […]”
Così scriveva, in una sua poesia, la maestra Maria Panetta Marcellino fornendo anche una delle tante etimologie possibili relative al nome del paese e trasportando i lettori all’interno del suggestivo mondo delle fiabe. Però…attenzione! A guardia del tesoro ci sono due enormi serpenti che, schizzati all’improvviso fuori dal terreno, si avventano sugli incauti ricercatori. Solo se si supera questa prova, compare allora una nidiata di pulcini d’oro seguiti da una chioccia. Nessuno però, finora, c’è mai riuscito.
E il castello di Grotteria ancora spia vigile i dintorni dal punto più elevato del centro abitato dominando la vallata del Torbido. Di origine normanna come roccaforte non adibita ad abitazione ma, probabilmente, costruito su una preesistente struttura … e la storia ritorna a farsi leggenda narrando del cretese Idomeneo che, profugo dalla guerra di Troia ma poi scacciato dalla sua stessa patria per avere sparso il sangue di suo figlio nel corso di un sacrificio, sarebbe ivi sbarcato fondando il “Castrum Minervae”.E’ possibile, comunque, che il castello sia stato realmente edificato da profughi greci costruttori di un “phrourion” da cui controllare la valle circostante e da identificarsi, appunto, con il “castello di Minerva”(luogo di custodia circondato da mura).
Dopo aver vissuto, tra il ‘400 e il ‘500, il suo periodo di massimo splendore, danneggiato dai continui terremoti, più volte ristrutturato, ridotto a complesso carcerario e alfine ignorato dall’incuria umana, già verso la metà dell‘800 il castello offriva solo i suoi ruderi ora identificabili in un mastio a forma circolare, due torri, mura perimetrali, una cisterna idrica e una parte dell’ampio portale. Anche il paese, ai suoi piedi, va sempre più spopolandosi all’interno dell’ininterrotta corsa verso la marina e avviandosi così a divenire, col tempo, un altro “paese fantasma” della Locride.
Ma forse c’è ancora chi continua ad arrampicarsi lungo gli stretti grappoli di case abbarbicate, come ostriche, al monte nella speranza di rinvenire, tra le pietre del castello, tracce del favoloso tesoro. Chissà…ci sono forse ancora dei “serpenti” da riuscire a sconfiggere per conseguire la tanto agognata felicità!
fonte: Calabria: Natura e i suoi tre millenni di storia e bellezze