‘A ‘NGULLIGI – (l’antico gioco della campana)
Sui nostri vicoli un tempo i ragazzi tracciavano a terra le caselle del gioco della campana…da noi gioiosani chiamato << ‘a ‘ngulligi ” >>.
Il gioco della campana era uno dei più antichi e diffusi giochi da cortile che si conoscano. Fin dai tempi dell’antica Roma era conosciuto come il gioco del “claudus”, ovvero dello zoppo.
Per farlo bastava davvero poco: un gessetto e un sassolino e si dava il via a ore di divertimento puro. Ma non solo: questo gioco saltando permetteva di sviluppare il senso di equilibrio del bambino, che doveva coordinare al meglio occhi, mani e piedi per vincere la gara contro i suoi amichetti. Per iniziare a giocare bisognava disegnare un percorso di almeno una decina di caselle rettangolari, numerate progressivamente e allineate, tranne alcune, che si disegnavano affiancate.

L’ultima casella, la base, (‘u campanaru) era un po’ più grande, a forma di cupola in quanto in quella il giocatore doveva riposarsi e riuscire a girarsi.
Si iniziava lanciando una pietruzza piatta, un tappo di bottiglia (vicaleju), un pezzettino di plastica, all’interno del primo scomparto (si doveva però fare attenzione che l’oggetto lanciato si fermasse all’interno della casella senza toccare le righe).
Si iniziava poi a saltellare su un solo piede di casella in casella lungo il percorso… ovviamente nei riquadri con due caselle affiancate orizzontalmente si potevano appoggiare entrambe i piedi, ma si evitava (saltando oltre) il riquadro contrassegnato.
Si arrivava alla base (‘u camapanaru), ci si girava e si rifaceva il percorso al contrario raccogliendo il contrassegno (mantenendo sempre l’equilibrio) prima di uscire dalla campana (‘a ‘ngulligi).
Se si perdeva l’equilibrio e si poggiava a terra il secondo piede, se si cadeva o se si toccava una riga con il piede, si perdeva e si era eliminati e si doveva passare il turno agli altri compagni.
Vinceva chi per primo riusciva a toccare con il contrassegno tutte le caselle.

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