Dopo ben 51 anni (l’ultima visita fu di Giuseppe Saragat nel lontano 1966) un Capo dello Stato ritorna a Locri e nella Locride. Pressante, da parte di tutti i cittadini del territorio, è la voglia di vedere da vicino lo Stato che Mattarella rappresenta. Ma nessuno s’illuda. La Calabria di Presidenti della Repubblica ne ha visti ben otto su dodici e il bilancio dei risultati ottenuti non è esaltante. Quasi tutti i loro “messaggi” sono caduti nel vuoto. Nella Calabria degli Anni ’50 sopraggiunse la rovinosa alluvione del 1951 che sconvolse la Locride e alcuni paesi delle Serre. Bilancio: 70 vittime, 67 comuni interessati. Il presidente Einaudi giunse in Calabria con le migliori intenzioni. Si fece interprete di un disagio disumano e andò via. Quell’alluvione in Calabria è diventata il simbolo di una miseria infinita e di una ricostruzione fallita. I terroni calabresi le case le ebbero, ma dopo trent’anni, quando molti erano già emigrati (gli alluvionati di Fabrizia, nel 1984, per abitarle dovettero occuparle). In una lettera di qualche tempo dopo, il presidente Einaudi si rivolse al capo del Governo Alcide De Gasperi: “Mi chiedo che paese sia il nostro, se nel 1951 si scrivevano cose che ancora oggi non trovano nessun tipo di attuazione” . “Ci rassegneremo ancora una volta? Dimenticheremo, di fronte all’urgenza di sempre nuovi problemi pressanti, che il problema massimo dell’Italia agricola è la difesa, la conservazione e la ricostruzione del suolo del nostro Paese contro la progressiva distruzione che lo minaccia? Dopo Einaudi, un tour completo in Calabria lo fece Giuseppe Saragat che, come dicevamo, fu l’ultimo presidente a fare tappa a Locri. Era il 1966. Andò a San Luca nella casa natale di Corrado Alvaro e incontrò i calabresi nelle città. “Voleva conoscere la Calabria”, raccontava all’epoca Costantino Belluscio, che fu il suo segretario particolare: “Fu l’unico politico nazionale che capì bene il significato della rivolta di Reggio. Quando scoppiò la rivolta nel 1970 era lui il Presidente. A Reggio c’erano ancora le baracche del terremoto del 1908. A me Saragat chiedeva, raccontava Belluscio: “come mai si sono rivoltati cosi in ritardo i calabresi nel protestare contro uno Stato che è stato una matrigna?”. Anche se è vero, lui diceva, ripetendo una frase di Turati, che “la colpa dell’arretratezza del Mezzogiorno non è dovuta alla storia e alla geografia, ma anche in parte agli uomini che vivono nel Sud. Alla classe dirigente, ad un ceto intellettuale, che è stato sempre al servizio del potere. Del potere temporale una volta, del grande latifondo un’altra volta, del fascismo successivamente e poi delle tendenze di moda. E’ mancata sempre una classe dirigente e anche una classe intellettuale del Mezzogiorno che fosse esclusivamente al servizio del progresso e non soltanto del potere”. Per avere un altro Presidente in giro per la Calabria fu necessario attendere Sandro Pertini dopo ben 16 anni. Il Presidente partigiano mentre acquistava nelle Serre calabresi alcune delle sue inseparabili pipe raccontava che quando si recò in visita in Inghilterra, la regina Elisabetta gli regalò una pipa Dunhill, e lui ringraziandola gli specificò che la radica di quella pipa veniva dalla Calabria”. Sempre Sandro Pertini in un suo messaggio di fine anno (nel 1983) dichiarava davanti a milioni di telespettatori: “Io ho girato in un lungo e largo la Calabria. Se vi è un popolo generoso, buono, pronto, desideroso di lavorare e di trarre dal suo lavoro il necessario per poter vivere dignitosamente, è il popolo calabrese”. Nel 1991 e nel 1992 fu la volta del Presidente “picconatore”. Motivo: morti di mafia. Francesco Cossiga si recò ai i funerali del giudice Antonino Scopelliti assassinato a Piale tra Villa San Giovanni e Campo Calabro e l’anno dopo ai i funerali dell’ispettore di polizia Salvatore Aversa e Lucia Precenzano, uccisi in un agguato di ‘ndrangheta. Prima di Ciampi, toccò ad Oscar Luigi Scalfaro presidente dal ’92 al 99 visitare la Calabria. Scalfaro in polemica con alcuni esponenti del centro-destra si difesa da una forte protesta dei parlamentari reggini del Polo. Quei politici reggini accusarono Scalfaro di aver tradito gli impegni assunti per la Calabria nel corso della sua visita del 7 dicembre 1994. “ “Ci ha ingannati. Ha promesso lavoro e giustizia. Aspettiamo da un anno e mezzo, inutilmente. Perciò non vogliamo neppure incontrarlo”. E lui: “Nossignori, non ho promesso nulla, io. Non l’ ho mai fatto in 46 anni di vita politica. Il mio dovere non e’ questo. Badate: è il governo a rispondere della politica generale del Paese, chi non lo sa e’ bene che impari. E poi, quando recitate l’ elenco delle regioni italiane, non fate più quel nome, Padania… Io non lo conosco”. Allora la recriminazione per l’ abbandono dello Stato ruppe le formalità e divenne rumore. In realtà, per il centrodestra Scalfaro aveva “la grave colpa di aver sostenuto Dini e affondato Berlusconi e di essere stato in accordo con la Lega”. Ma l’annosa irrisolta “questione calabrese” forniva l’occasione per smascherare l’incapacità dello Stato di dare risposte al Sud del Sud. Nel 2000, come dicevamo, Carlo Azeglio Ciampi visitò la nostra Regione per onorare i morti nella tragedia di Soverato e per visitare le 5 province. Improvviso fu il suo ritorno nel 2005: giunse in uno dei momenti peggiori per la Calabria. Era il 18 ottobre, e allora si recò direttamente a Reggio Calabria con davanti agli occhi la bara del vicepresidente del Consiglio regionale Franco Fortugno, assassinato dalla mafia. Anche in quella circostanza non mancarono gli appelli a una maggiore presenza dello Stato, dinanzi ai morti ammazzati e alle centinaia d’intimidazioni. Ciampi affermò che “la questione meridionale non era risolta e c’ era bisogno di meridionalismo e di sviluppo”. Sosteneva ancora che sarebbe stato fondamentale sostenere un passaggio storico da un’ economia assistita a un’ economia auto sostenuta. Giorgio Napolitano fece visita alla Calabria del 2009 avvertendo i sindaci calabresi che non bisognava sottrarsi dall’esercizio di responsabilità per quello che riguardava l’amministrazione della cosa pubblica, dove serviva molta etica e non bisognava consentire un impoverimento delle politica, culturale e morale. E siamo ad oggi 19 marzo 2017 la nostra speranza è che Mattarella rimarrà fuori dalle dichiarazioni stereotipate quali: “Calabresi, non datevi per vinti. L’Italia tutta è con voi”. Con ogni probabilità nel suo discorso proverà a sottolineare che le politiche per il mezzogiorno rappresentano una priorità. Sergio Mattarella si concentrerà sulla presenza ingombrante della criminalità organizzata, su un Sud che deve fare autocritica, sul pericolo federalismo fiscale che rischia di danneggiare ulteriormente la già provata economia del territorio. Appare chiaro che serve un sostanziale rinnovamento della politica ed anche un nuovo modo di amministrare la cosa pubblica. La nostra è una terra di emigrazione, ieri come oggi. Tanti giovani laureati senza nessuna prospettiva di lavoro con la valigia pronta che, a chi rappresenta lo Stato e l’unità nazionale, avrebbero bisogno di dire tante cose. Il destino dei Presidenti della Repubblica a tu per tu con il tacco dello stivale sembra però quello di non essere ascoltati. Vedremo ! Intanto la accogliamo con quella che secondo S.E., l’ex Vescovo di Locri Mons. Bregantini, rappresenta la più bella parola della nostra regione ossia “favorite”.
l.r.