Vincenzo Carrozza è rientrato dall’Ucraina circa dieci giorni fa ma la sua valigia è sempre pronta. Dalla sera alla mattina potrebbe essere richiamato e partire di nuovo. Da cinque anni e mezzo ha scelto di prestare la sua opera di medico chirurgo in guerra, sul campo. Nel suo ultimo incarico per un’agenzia privata ha messo in salvo tre mercenari stranieri feriti da un attacco russo. Ma gli orrori della guerra non si dimenticano: “Ho gli incubi, ho sognato case che esplodevano e bambini che bruciavano” racconta a Tgcom24.
Medico piemontese di origini calabresi, Carrozza è abituato a lavorare da anni nelle zone di guerra per la Nato e l’Onu. É stato in Kosovo, Somalia, Mali, Nigeria, Niger e Afghanistan. L’ultima missione era estremamente delicata, commissionata da un’agenzia privata della quale non può fare il nome per ragioni di sicurezza. Il compito era recuperare un gruppo di sette contractor stranieri in terra ucraina. Una missione dalla massima riservatezza. Il nostro connazionale è capo del team incaricato di stabilizzare i mercenari feriti, per lo più istruttori stranieri.

Vincenzo, cosa puo dirci del suo ultimo incarico?

“In 12 ore abbiamo fatto tutto, tre erano feriti. Un elicottero ci ha portato sul campo, lì ad aspettarci c’era un’autoambulanza blindata. Uno dei contractor stranieri aveva una pallottola nello stomaco, l’altro in mezzo al torace, il terzo non aveva ferite gravi. Siamo riusciti a stabilizzarli e portarli in salvo in Romania, Paese Nato.”

 

Lei agisce in un team definito “fantasma”. Perché?

“Vista la delicatezza dell’operazione ogni dettaglio viene spiegato quando si è già in volo verso la destinazione. Non puoi portare neppure il telefono. Ho conosciuto i miei colleghi a bordo, tutti volontari. Tra loro un anestesista inglese ha ironizzato sulla segretezza del nostro lavoro definendoci “Ghost team”. Del resto, della nostra presenza in Ucraina non doveva rimanere alcuna traccia”.

 

Cosa significa fare il medico di guerra?

“Significa essere un civile in contesto militare, ti devi adattare in fretta ma a vedere le persone carbonizzate non ci si abitua mai. Gli incendi che seguono le esplosioni bruciano tutto. E io, per la prima volta nella mia vita, adesso ho gli incubi. Ho sognato case che esplodevano e bambini che bruciavano al loro interno”.

 

Non ha disfatto la valigia neanche stavolta: vuol dire che ripartirà?

“Io sono pronto per senso del dovere a tornare in Ucraina. Sono un uomo e un medico al servizio dell’Occidente anche se a volte stenti a credere ciò che ti trovi di fronte: sembra di essere in un videogame”.

 

Pensa mai agli affetti quando è al fronte?

“Certo: so bene che da un momento all’altro un missile potrebbe mettere fine a tutto. Ma se faccio questo mestiere, non posso permettermi la paura”

fonte e foto: https://www.tgcom24.mediaset.it/

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