Si è conclusa con una richiesta di condanne a poco meno di due secoli di reclusione la requisitoria dei pm Marco Antonio De Pasquale e Vittorio Fava, della Dda reggina, nei confronti di 25 imputati del processo scaturito dall’inchiesta “Andrea Doria”. Per altri 31 imputati i sostituti hanno chiesto l’assoluzione.
L’istruttoria dibattimentale si è svolta al cospetto del Tribunale di Locri (presidente Ada Vitale, giudici a latere Mario Boccuto e Raffaele Lico), e si è basata sulle testimonianze del personale investigativo della Guardia di Finanza del Gico e dello Scico, dell’Agenzia Dogane e Monopoli e dell’Agenzia delle Entrate.
Come riporta Rocco Muscari su gazzettadelsud.it, la Procura reggina contesta reati che vanno dall’associazione per delinquere di stampo mafioso alla frode allo scopo di evadere le imposte, in modo sistematico, attraverso l’emissione e l’utilizzo improprio delle cosiddette “dichiarazioni di intento”. Accuse corroborate dagli esiti investigativi confluiti nelle informative di reato a firma degli agenti del G.I.C.O. del Nucleo di Polizia economico-finanziaria di Reggio Calabria e del Servizio Centrale I.C.O. di Roma che hanno ricostruito, tra l’altro, un giro di false fatturazioni e un omesso versamento di accise per diversi milioni di euro.
Gli investigatori hanno, tra l’altro, ritenuto di individuare anche un meccanismo di riciclaggio all’estero dei profitti illeciti derivanti dall’omesso versamento delle imposte dovute per la commercializzazione del prodotto petrolifero, realizzato mediante la gestione di fatto del deposito fiscale di una società che sarebbe stato incamerato sui conti correnti intestati a società cartiere controllate dall’organizzazione.