Diversi anni fa ho ricevuto il suggestivo incarico di ridisegnare le porte del “Bar del Corso”, un esercizio commerciale storico incastrato nel cuore di Locri, di fronte alla Piazza dei Martiri: sì, proprio quella dove abbiamo passeggiato tutti noi, prima che le praterie dei social network ci risucchiassero nelle piazze virtuali. Ci ho messo impegno e passione nel disegnarle, quelle porte, affidandomi alla solidità del ferro pieno lavorato a mano e alla eleganza del vetro cattedrale. Era un periodo in cui ancora resisteva una certa artigianalità, sia nelle idee che nella lavorazione dei materiali: si progettava ancora con la matita e la carta lucida bisognava incollarla al tavolo da disegno con la carta adesiva per impedire che si arrotolasse. Era soprattutto un periodo in cui  le idee avevano ancora il fascino di poter essere tradotte in forme reali, palpabili, senza dover passare attraverso il vuoto irreale di uno schermo. Altri tempi, forse, neanche così lontani… che saranno passati? Vent’anni. Giusto l’età di un figlio per me. Sono sempre stato orgoglioso di quelle porte, nonostante le imprecazioni bonarie che mi lanciavano i dipendenti del bar quando si trattava di pulirle, rischiando le dita attraverso i complicati disegni del ferro che avevo ideato.

Ho tanti bei ricordi di questo bar. Da ragazzo ci ho passato pomeriggi, serate e anche notti d’estate, seduto ai tavolini in piazza,  ascoltando gli amici che si alternavano al piano bar. Mimmo Spanò, uno dei due gestori, spesso alla fine della serata, che ormai era notte fonda,  allestiva un fuori programma nel vicolo accanto alla chiesa dell’Immacolata, con due tavolini panini e patatine. Ricordo che insieme con altri cari amici la chiamavamo “Arte nei vicoli”.

Ebbene, oggi è domenica a Locri, e stamattina sono andato in farmacia, ma quelle porte, le “mie porte”, le ho viste chiuse. È bastato chiedere in giro, poi una spolverata nel web e ho capito perché. Non mi trovo qui a discutere le scelte fatte in ragione di un non so bene quale criterio di ordine pubblico. Le forze dell’ordine si impegnano molto nel nostro territorio, e non è giusto puntare il dito. Ma ho voluto quantomeno sollevare il mouse e scrivere queste poche righe, invitando ad alcune riflessioni, con le quali vorrei avere la presunzione di coinvolgere anche la nostra comunità. Mi rendo conto che il senso che le mie parole avranno non sarà tanto nelle parole in sè, ma in chi le scrive. Non mi reputo una personalità nel mio paese, ma quantomeno la mia è una voce ben lontana da qualsiasi zona che possa dirsi grigia o nera, e quindi è una voce sincera, disinteressata. Probabilmente è la prima che si leva, spero ce ne saranno altre, perché mi sento così frustrato nell’assistere alla progressiva sterilizzazione di una città, di una comunità, di una regione alla quale invece che dare viene sistematicamente  tolto. Il colpo rapido e violento di spugna è assai più facile e risolutore piuttosto che sviluppare la complessa formula matematica scritta alla lavagna, ma ormai da anni funziona così. Noi a Locri, al Sud, siamo come quella espressione zeppa di incognite, piena di parentesi, frazioni  e con altrettanti termini noti. Le incognite non piacciono a nessuno, e si preferisce cancellarle, eliminarle, così non daranno più fastidio. I termini noti però sono onesti e sinceri, e soffrono quando arriva quel colpo di spugna, perché vengono inesorabilmente cancellati insieme all’incognita che si trovano vicino, con la quale bene o male in qualche modo hanno trovato il modo di coesistere. Ecco, le metafore a volte sono utili per dire verità scomode, in questo caso le preferisco.  Ma adesso comincia a essere tardi. Tra poco arriverà il flusso sostanzioso dei turisti, e si accorgeranno subito  di quelle porte chiuse; si faranno le solite domande ricevendo le solite rassegnate risposte. È proprio questa la faccia di Locri che vogliamo fargli vedere? Vogliamo fargli credere che finora hanno vissuto in mezzo alle incognite i loro giorni di vacanza senza rendersene conto? Chiedo un atto di coscienza alla nostra comunità, e invito anche il nostro Sindaco. Mi espongo personalmente stavolta, ma sono convinto che Locri abbia bisogno che quelle porte vengano riaperte al più presto,  e se la pensate come me non abbiate timore a dirlo, in tutti i modi che ormai il villaggio globale ci consente. Grazie.

Antonio Milicia, uno qualunque dei tanti termini noti.

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