Nuova vita per l’area archeologica di Locri. Un intenso lavoro di valorizzazione del sito magnogreco sta infatti coinvolgendo le anime operose del settore culturale e turistico, con il risultato di un parco assolutamente godibile ed una piena fruizione di tutti i luoghi e gli angoli della antica Epizefiri.

Grazie all’attenta gestione della direttrice del museo e del parco, Rossella Agostino, l’area di Locri sta diventando – soprattutto in questo periodo estivo – un luogo finalmente attrattivo per turisti e visitatori non solo della Calabria. La pulizia dei sentieri e la collocazione di nuovi pannelli e guide visive consentono di conoscere l’importanza e l’eccezionalità di questo patrimonio artistico che non ha eguali nella regione. Negli ultimi tempi si è perfezionato il collegamento con la stazione ferroviaria di Locri che con un bus navetta porta al parco il visitatore che giunge in treno. Un inedito per le nostre latitudini…

A ciò si aggiungono gli elementi più strutturali: gli orari di visita (il parco è aperto fino alle 20 tutti i giorni tranne il lunedì), la ricchezza delle indicazioni, il miglioramento dei tracciati, la percezione di tro
varsi in luoghi dove continua l’opera di ricerca degli archeologi.

L’importanza del sito di Locri per gli studiosi è testimoniato da esemplari unici, alcuni esposti al Museo archeologico nazionale di Reggio: i pinakes, frammenti di quadretti votivi in terracotta larghi circa 30 cm; i Dioscuri, figli di Zeus sorretti dai Tritoni che simboleggiano l’aiuto dato ai Locresi contro i Crotoniati; il cavaliere di Marafioti, reperto pregevole trovato da Paolo Orsi nel 1910 in piccolissimi frammenti e da lui ricostruito nel 1925 insieme al restauratore Giuseppe Damico.

Proprio quest’ultimo reperto, di ritorno dall’Expo di Milano, da poco restaurato grazie al contributo di Intesa San Paolo, è stato in esposizione a Locri e ha consentito a turisti e visitatori di avere un quadro più ampio su quale era l’importanza storica e politica di Locri Epizefiri circa 2700 anni fa.

Ma Locri non significa solo Magna Grecia. A pochi metri dall’area di Centocamere, l’originario impianto urbanistico locrese, si trova il complesso museale di Casino Macrì: una masseria ottocentesca che si è sovrapposta a resti di un edificio termale di età romana imperiale. Anche in questo caso un allestimento adeguato consente di recepire fino in fondo il valore non solo del ritrovamento ma dell’esposizione che è stata curata dall’archeologo Claudio Sabbione.

Il Comune di Portigliola sta invece promuovendo, proprio in queste settimane, la nuova vita del teatro greco-romano, poco distante dal dromo, l’arteria principale della polis. L’antica cavea, che ospitava oltre 4mila spettatori, fino a poco tempo fa era abbandonata e lasciata al totale oblio. Grazie alla nuova amministrazione comunale si è proceduto alla pulizia dell’area, alla creazione di sentieri percorribili, alla realizzazione di un ciclo di rappresentazioni teatrali.

Insomma, qualcosa si può fare e la nuova vita dell’area archeologica di Locri dimostra come si possa trarre beneficio concreto dall’azione governativa sui beni culturali per cambiare registro. Pur nella ristrettezza dei fondi e scontando decennali ritardi nelle politiche pubbliche a sostegno del patrimonio artistico, si è avviato un processo di cui proprio il museo e l’area archeologica di Locri sono un positivo esempio. Ovviamente tanto resta da fare e, per tutti, basta citare l’ancora esiguo numero di addetti di fronte alle ricchezze culturali del sito.

Paolo Veltri tratto da http://www.zoomsud.it/

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