I vertici della magistratura «in una terra di frontiera». I detenuti che ridanno colore ad un tribunale cadente. Un nuovo palazzo della giustizia intrappolato in cantieri senza fine. E una collaborazione tra magistratura e avvocatura rinnovata ma non del tutto oleata. È una giornata particolare quella vissuta oggi a Locri, dove il vicepresidente del Csm Giovanni Legnini e i consiglieri Luca Palamara e Paola Balducci hanno fatto tappa prima in tribunale e poi al liceo Mazzini, dove hanno discusso con gli studenti di legalità e sport, alla presenza, tra gli altri, del procuratore Federico Cafiero de Raho, del capo della polizia Alessandro Pansa e del presidente del Coni Giovanni Malagò. Una giornata caratterizzata anche da una sottile polemica, da parte di chi, tra gli avvocati, non ha gradito un’operazione meramente «estetica», in assenza del reale punto di partenza per una nuova stagione della legalità: la realizzazione del nuovo tribunale. Legnini e soci sono partiti da lì, da piazza Fortugno, dove si erge un palazzo di giustizia che è sempre più il sarcofago di se stesso, sbriciolato dal tempo e dall’incuria. È sulle brutture del luogo che rappresenta la giustizia che il presidente del tribunale, Rodolfo Palermo e il giudice Fulvio Accurso sono intervenuti, affidando ad un gruppo di detenuti il progetto “I colori della legalità”. Quattro di loro ieri erano lì, a guardare col sorriso stampato sul volto la trasformazione delle aule del tribunale, alle quali sono stati restituiti colori e dignità. «La speranza non é affidata solo alle parole ma ai fatti», ha esordito Legnini, accolto negli uffici dal presidente del consiglio dell’ordine degli avvocati, Gabriella Mollica. «Qui c’è un vento nuovo e un cambiamento di tendenza e questo é frutto del lavoro di Rodolfo Palermo», ha spiegato la Mollica, che ha illustrato con orgoglio quello che, per la Costituzione, dovrebbe essere la normalità: un percorso di reinserimento sociale dei detenuti. «Un lavoro difficile e complesso in una terra difficilissima», ha sottolineato Legnini, che ha più volte evidenziato la necessità di alleare magistratura e avvocatura sia nei progetti di legalità sia nella gestione degli uffici. Palermo non ha mancato di evidenziare come per la prima volta i rappresentanti del massimo organo della magistratura si siano accorti di Locri, del suo tentativo di rinascita, del restyling degli uffici giudiziari grazie al lavoro gratuito di «operai modello», i detenuti, che hanno trasformato il tribunale. «Un esperimento a costo zero, tutto sovvenzionato dai magistrati, dal consiglio dell’ordine e dall’amministrazione comunale», ha evidenziato. «Si respira un’aria nuova», ha esultato Accurso, prima di proiettare un filmato costruito con alcuni scatti delle varie fasi dei lavori. «La presenza dei membri del Csm significa che lo Stato non ci lascia da soli – ha aggiunto -. Aldilà dei proclami esibiti nei salotti televisivi, qui si realizza un’antimafia silente, con i fatti, per restituire questi ragazzi alla società civile come uomini nuovi che hanno chiuso col passato. Pennellata dopo pennellata si sono riappropriati della loro dignità. Stanno tornando alla vita attraverso la bellezza». Ma si è ancora a metà dell’opera, ha sottolineato Palamara, che più di tutti ha voluto la giornata di oggi. «Il segnale che vuole partire oggi da Locri è che vogliamo invertire la tendenza: queste non saranno non più realtà periferiche ma realtà che vogliono essere richiamate al centro», ha commentato. La bellezza come «riscatto» è stato il messaggio lanciato dalla Balducci, che ha parlato del «miracolo» di trasformare un luogo di condanna in luogo di «risocializzazione». Un progetto «modello» che Legnini ha annunciato di voler esportare, una buona prassi condensata in una relazione consegnata dal tribunale al Csm e che «verrà menzionata nella manualistica che verrà licenziata a breve dalla commissione di buone pratiche, in modo che possa costituire un esempio per gli uffici italiani». Insomma, l’intento sembra voler essere capovolgere il cliché della terra di ‘ndrangheta per trasformare la Locride in esempio per la nuova organizzazione della magistratura, impegnata in un’operazione di ricambio ai vertici degli uffici giudiziari del paese. La Locride non è sola, hanno dunque evidenziato, così come ha fatto più tardi de Raho, che ha sottolineato l’escalation di violenze degli ultimi mesi in tutta la provincia, citando il caso Sporting Locri e associando lo sport alla legalità, come rispetto delle regole. «Ciascuno di noi deve avere modelli – ha detto ai giovani -. La ‘ndrangheta vuole limitare ad ogni costo la libertà di ciascuno di noi e noi dobbiamo fare il possibile per proteggerla».

GLI AVVOCATI “FUORI DAL CORO” – Giuseppe Mammoliti ed Eugenio Minniti non sono due che le mandano a dire. Niente passerelle, massimo rispetto per chi, oggi, ha preso parte all’evento, ma le storture vanno evidenziate. Minniti, presidente dela camera penale di Locri, aderente all’Ucp, ha manifestato dispiacere per la «disfunzione organizzativa» relativa all’evento. «Naturalmente – ha sottolineato – guardiamo con particolare interesse l’attenzione dimostrata da una rappresentanza del Csm verso i problemi della giustizia locrese. È logico che oltre alla naturale passerella occorre un impegno incisivo e costante per la risoluzione dei grandi problemi che affliggono l’odierna macchina giudiziaria». La camera penale di Locri, però, non ha partecipato all’evento, per via della «carente sinergia collaborativa tra la classe forense e i magistrati. Enfatizzare, com’è avvenuto, un’esistente sinergia nell’amministrazione della giustizia penale tra avvocati e giudici mi pare pleonastico nel momento in cui poi i penalisti locresi vengono invitati a partecipare all’evento soltanto 48 ore prima, attraverso un’asettica e spartana comunicazione in assenza di qualsivoglia coinvolgimento collaborativo per l’organizzazione della stessa manifestazione. Inoltre, pur evidenziando il clima di assoluta serenità ed equilibrio esistente tra magistrati e avvocati penalisti, alla luce di ottimali rapporti umani e professionali, appare allo stato necessaria una maggiore incisività della politica giudiziaria finalizzata non soltanto ad una maggiore predisposizione logistica, come la costruzione del nuovo palazzo di giustizia, ma soprattutto alla valorizzazione del già costituito osservatorio sulla giustizia penale e sul relativo protocollo per la disciplina delle udienze penali, che allo stato, dopo un primo periodo di iniziale applicazione, pare essere stato dimenticato da coloro che amministrano la giustizia nel tribunale di Locri». Duro anche il commento di Mammoliti, che ha evidenziato l’assordante silenzio su chi «in questi anni ha combattuto in trincea in assenza totale dello Stato, cercando di bonificare la Locride e quindi la Calabria». Buone, dunque, le intenzioni, ma l’incontro «non ha tenuto assolutamente conto di quelle che sono le aspirazioni di vera novità di politica giudiziaria». Non si è infatti parlato della realizzazione del nuovo tribunale: «noi qui stiamo cercando di fare un’operazione estetica quando poi manca alla radice il punto di partenza o di arrivo per una nuova stagione di speranza – ha evidenziato -, che è la realizzazione del nuovo tribunale. Ci accontentiamo di queste forme di parata giornaliera, senza individuare quelli che sono i problemi veri. C’è ancora carenza di organico, ho notato l’assenza del procuratore della Repubblica. Il mio augurio è che la voglia sinergica di contrastare l’illegalità non si fermi a quest’antimafia silente ma che ci sia una magistratura che sappia decidere e governare i processi di sviluppo, democrazia e civiltà giudiziaria nella nostra terra. Bisogna fare un’opera di prevenzione sociale, cosa che nella Locride manca». Una giornata dedicata ad «esigenze di politica giudiziaria», dunque, e non «ai problemi della Locride».

Simona Musco tratto da zoomsud.it

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