1. Gli attuali laboratori di riferimento, ubicati entrambi a Reggio Calabria, distano cento chilometri ed è necessario, oltre al tempo, impegnare risorse umane e mezzi per il trasporto dei campioni.
2. Le persone che arrivano in Pronto soccorso e che hanno necessità di ricovero, qualunque sia il motivo, devono effettuare un tampone rinofaringeo e, solo dopo l’esito negativo dello stesso, possono essere avviate ai reparti di assegnazione. Si tratta di parecchie ore di attesa e, ci chiediamo, se sia normale obbligare pazienti critici a tempi così lunghi.
3. Ancora più pesante è la situazione per tutti coloro che a scopo preventivo o di sorveglianza sanitaria devono effettuare il tampone per la ricerca del Covid-19. In questi casi il tempo di attesa per l’esito del tampone dura anche parecchi giorni. Non ci sembra, nè per il singolo nè per la nostra collettività, che tutto questo sia accettabile.
4. Un ultimo punto riguarda il prossimo futuro, cioè la “fase due” dell’emergenza, quando saremo costretti a convivere con il coronavirus e la lotta per mantenere sotto controllo la diffusione del virus si concentrerà di più sul territorio. Come raccomanda l’ Organizzazione mondiale della sanità, in questa seconda fase, dovremo avere ” la capacità di rilevare, testare, isolare e trattare i singoli casi, tracciando anche tutti i possibili contatti “. In sintesi, ci sarà la necessità di fare più tamponi. Nel caso in cui si verificasse un focolaio di infezione, si dovrà intervenire tempestivamente, con l’esecuzione massiccia di tamponi, per isolare e circoscrivere, nel più breve tempo possibile, il numero dei contagi. Le esperienze drammatiche di quanto successo nelle strutture residenziali per anziani sia in Calabria sia in altre Regioni, dovrebbero averci fatto capire l’importanza che riveste, in questi casi, il fattore tempo. Se i tempi di attesa per conoscere i risultati dei tamponi dovessero continuare ad essere lunghi, si rischia di vanificare gli interventi di contenimento attuati dai cittadini che, sinora, ci hanno consentito di uscire quasi indenni dalla prima fase dell’emergenza coronavirus. Non disperdiamo i sacrifici fatti rimanendo a casa. Chiediamo con forza che ci si attivi affinché i servizi di questo territorio siano attrezzati per affrontare al meglio questa seconda fase che sarà lunga e, considerata la graduale ripresa delle attività e degli spostamenti, anche più rischiosa. Sperare ancora nella buona sorte è auspicabile, ma tenersi pronti è sicuramente meglio”, conclude.