«Nel caso in cui la condotta si traduce in un aiuto idoneo a conseguire l’effetto di sottrarre taluno all’esecuzione della pena, dall’adempimento di doveri di solidarietà umana, nascenti da rapporti di parentela e di coniugio o da altri legami socialmente rilevanti, non può derivare esclusione della punibilità. Il giudice d’appello si è attenuto puntualmente a tali principi di diritto e ha dato conto del contributo causale offerto da ciascuno degli imputati al raggiungimento del risultato perseguito, consistito nell’aiutare il latitante a sottrarsi all’esecuzione della pena».

Come riporta Rocco Muscari su gazzettadelsud.it, è ciò che scrivono i giudici della Sesta sezione penale della Cassazione nelle motivazioni di una sentenza che ha riguardato, a vario titolo e con modalità differenti, i reati di procurata inosservanza di pena e favoreggiamento personale, aggravati dalla circostanza mafiosa, in particolare, di aver favorito e coperto la latitanza di un uomo  arrestato nel 2018.

Con sentenza del 2023 la Corte d’Appello  ha confermato la pronuncia emessa dal Gup del Tribunale di RC, con cui diversi soggetti sono stati condannati in relazione ai reati di procurata inosservanza di pena, e uno anche per il reato di favoreggiamento personale.

I giudici romani hanno respinto i ricorsi presentati nell’interesse degli imputati ritenendo, in sintesi, che «trattasi di condotte volte a consentire, attraverso l’uso di più autovetture e con tutte le cautele del caso, alla persona di spostarsi da un luogo a un altro, eludendo i controlli delle Forze dell’ordine e un’eventuale cattura».