L’omicidio di Vincenzo Cordì, ucciso la sera dell’11 novembre 2019 in località “Scialata” del comune di San Giovanni di Gerace, è stato premeditato.
È quanto scrivono i giudici della Corte di assise di Locri, (presidente Amelia Monteleone, giudice a latere Maria Grazia Galati), nelle motivazioni della sentenza con la quale sono stati condannati all’ergastolo gli imputati Susanna Brescia e Giuseppe Menniti, nonché Francesco Sfara a 23 anni di reclusione. Unico assolto «per non aver commesso il fatto» è stato l’imputato Giuseppe Sfara, difeso dall’avv. Francesco Macrì coadiuvato dall’avv. Giovanna Palermo.
Gli imputati condannati, difesi dagli avv. Menotti Ferrari, Girolamo Curti e Antonio Ricupero, dovranno risarcire i danni nella misura che sarà quantificata in separata sede in favore delle costituite parti civili, Teresa Restagno e Rosa Maria Cordì, rispettivamente madre e sorella della vittima assistite dall’avv. Rocco Guttà che si è avvalso del dott. Antonio Miriello per la parte tecnica specialistica fondamentale per contribuire a rendere più chiaro il quadro probatorio sul quale si è definito il dibattimento.
Nelle motivazioni, depositate l’altro ieri, i giudici di Locri hanno ritenuto «di palpabile evidenza che la Brescia abbia maturato una forte avversione nei confronti del Cordì, già manifestata nel 2016 con il tentativo di avvelenamento, ma riaccentuatasi nell’ultimo periodo in conseguenza di molteplici fattori: la gelosia verso la nuova relazione sentimentale del compagno, il timore di perdere i figli (in conseguenza di una separazione), la minaccia di “riapertura del caso” con riferimento per l’appunto all’attività di indagine per il tentato omicidio e, da ultimo, il tentativo di riavvicinamento del Cordì non gradito avendo la Brescia intrapreso una nuova relazione sentimentale».
Leggi l’articolo completo di Rocco Muscari sull’edizione cartacea di Gazzetta del Sud – Calabria