Come ha riportato oggi Rocco Muscari su gazzettadelsud, in edicola, «gli esiti delle indagini da un lato confermano la perdurante operatività della cosca Cordì, dall’altro contribuiscono a delineare l’organigramma associativo».
È quanto si legge nelle oltre mille pagine della sentenza emessa dal Gup distrettuale di Reggio Calabria, Irene Giani, che nell’accogliere sostanzialmente le richieste della Dda reggina, diretta dal Procuratore della Repubblica Giovanni Bombardieri, ha disposto 23 condanne, per complessivi 284 anni circa di reclusione, nonché 3 assoluzioni all’esito del maxiprocesso, celebrato con il rito abbreviato, scaturito dall’operazione “New Generation – Riscatto II”.
L’inchiesta ha disarticolato le “giovani leve della cosca Cordì”, operante principalmente nel territorio di Locri. A tal proposito il gup reggino rileva in sentenza che «è emersa l’esistenza, a Locri, di un gruppo di giovani che, oltre a operare nel traffico di sostanze stupefacenti, si è imposto – nell’ambiente cittadino e criminale – con la consumazione di reati di ogni genere, di natura spesso violenta, mantenendo gli equilibri con altri gruppi criminali operanti in territori limitrofi».
Nelle motivazioni si legge, inoltre, che «rispetto al gruppo di giovani, risultato gravitare nell’orbita carismatica di due soggetti, pienamente inseriti nella cosca Cordì, va osservato che lo stesso si presenta, per composizione e struttura organizzativa, come una diretta espressione della cosca Cordì, da cui pare aver mutuato principi e regole da rispettare.
Anche all’esterno, il gruppo veniva considerato una propaggine della cosca Cordì».
Il magistrato reggino rileva che «quanto detto in merito all’ingerenza della cosca Cordì nelle attività del suddetto gruppo non incide sull’esistenza dell’associazione dedita al traffico di stupefacenti, che è risultata avere una propria autonomia rispetto alla cosca di ’ndrangheta operante a Locri».