Non ci sono solo le frequenti denunce delle associazioni come il “Tribunale dei Diritti del Malato e del Cittadino” e dei comitati come “DifendiAmo l’Ospedale” a mettere in luce le carenze dell’ospedale di Locri; sono quasi all’ordine del giorno le testimonianze di congiunti dei pazienti che scoprono sulla loro pelle come il mancato funzionamento di alcune apparecchiature e le incongruenze del sistema di emergenza-urgenza possono avere conseguenze drammatiche. È il caso della figlia di una paziente che ha inteso condividere sui social la disavventura capitata due giorni fa alla madre, moglie di un medico in pensione che le ha prestato i primi soccorsi vedendola sudare freddo, dopo una caduta, a seguito della quale aveva battuto la testa. La donna è cardiopatica, ha avuto precedenti ischemie, le sono stati impiantati dei by-pass ed è anche affetta da una malattia neoplastica. Un quadro clinico assai complesso, dunque, che impone (anche alla luce delle terapie alle quali è sottoposta) di compiere rapidi accertamenti, soprattutto al cranio. A riportare la notizia Gianluca Albanese su gazzettadelsud oggi in edicola.
Nel frattempo, arriva l’altra figlia che chiama il 118: l’operatore ascolta i sintomi della paziente e dispone un immediato trasferimento all’ospedale di Locri, nonostante sia chiaro a molti (agli addetti ai lavori sicuramente, ma anche ai lettori degli organi d’informazione) che la TAC non è attiva da tempo.
Dopo qualche ora di attesa al Pronto Soccorso viene comunicata ai familiari della paziente la necessità di trasferirla all’ospedale di Polistena, dove potrà, finalmente, essere sottoposta alla TAC. Viene chiamata un’ambulanza incaricata del trasporto che però, dopo le innumerevoli sollecitazioni dei congiunti della signora e del personale medico e paramedico, arriva soltanto dopo 6 ore. Sarà il referto dell’accertamento compiuto a Polistena a dare l’esatta diagnosi alla paziente che viene condotta al Grande Ospedale Metropolitano di Reggio Calabria per una valutazione neurochirurgica.