Intervento di Antonio Chirillo, già Presidente dell’Azione cattolia diocesana, al convegno del 2 aprile scorso: ” Don Giorgio PRATESI – artigiano di giustizia e pace.
Don Giorgio PRATESI, come scrisse G. Bumbaca nel video dedicato alla preghiera a S. Giovanni Battista, che è contenuta nel testo che Don Giorgio volle attribuire alla Commissione Giustizia e Pace, ma che era tutto suo, si era laureato in ingegneria al Politecnico d Torino, ma presto abbandonò l’idea di progettare cose: decise, invece, da uomo di intensa fede, di progettare la salvezza dell’uomo nella giustizia e nella pace. Don Giorgio stesso nel suo testamento ebbe a scrivere:«Devo lasciare un pensiero? Nel Vangelo c’è tutto. Se la solennità del trapasso aggiunge autorevolezza, direi:
perseguite la pace.
E’ facile trovarla, relativizzando le nostre esigenze materiali e psicologiche … E amando maggiormente il prossimo. (…).»
Infatti, la sua vita si è spesa per educarci in questa ricerca, che equivale a cercare Cristo: tutte le iniziative che Don Giorgio proponeva, con la discrezione e la modestia che lo caratterizzavano, costituivano degli itinerari finalizzati all’individuazione, alla scelta e alla traduzione in comportamenti individuali e sociali di uno stile di vita che, partendo dalla convinzione che «Gesù è la pace», attenuava e addirittura sconfiggeva, come scrisse in un testo base per l’attivazione della “Scuola di pace” (con scritti su L’avvenire di Calabria nel 1999), la «tendenza a pensare noi stessi al centro del nostro mondo e quindi a sopravvalutare la nostra persona con le sue esigenze, i suoi diritti, le sue aspirazioni e invece a sottovalutare le esigenze, i diritti e le aspirazioni degli altri.
Per questo si spese anche quando fu chiamato nei suoi ultimi anni al compito di assistente adulti in AC, dettò ritiri ed esercizi spirituali, e condusse la preghiera per le vittime di violenza nella chiesetta di Gerace dedicata a S. Michele de’ latinis. Nella stessa ottica va vista la sua battaglia per l’obiezione di coscienza per le spese militari, e i diversi viaggi che lo portarono, come scrisse, a significative esperienze, come un viaggio in Iraq pochi giorni prima della guerra del Golfo, due viaggi in Bosnia nel dicembre 1992 (fino a Sarajevo) e nell’agosto 1993 (fino a Mostar) e un viaggio nel Kurdistan turco e irakeno nel 1994. Sempre all’insegna dell’educazione alla non violenza aderì a PAX CHRISTI e partecipò a tutte le marce di fine anno per la pace: io stesso lo ho accompagnato alla Giornata della Pace del 31.12.’92 che si tenne a MOLFETTA, in tempo per vedere ancora vivo un altro profeta, don Tonino BELLO. Ne serbo un ricordo indimenticabile, perché il vescovo era irriconoscibile per il male che lo avrebbe condotto in cielo dopo qualche mese, ma la sua voce suonava stentorea nella cattedrale gremita.
Del resto don Giorgio ha ripreso l’insegnamento paolino, secondo il quale “Cristo è la nostra pace” [Ef.2,14], per chiarirne il fondamento teologico: «la pace fra gli uomini non è frutto di un qualsiasi accordo, ma è frutto della creazione, in Cristo, di un uomo nuovo, cioè di un unico popolo fondato proprio sulla incorporazione a Cristo». Il nuovo umanesimo, come ho ritrovato affermato in uno scritto della Commissione Giustizia e Pace, è quello che si fonda in Cristo Gesù, riconosce che vivere è amare e che l’uomo si realizza divenendo responsabile dell’Altro; esistere è co-esistere per il bene comune; la società deve esser organizzata secondo i principi di solidarietà, sussidiarietà e partecipazione, perché divenga una società dove vige la giustizia e si vive nella pace.
Proprio perché la nostra prima “responsabilità” è quella di chi vuole “rispondere” alla vocazione evangelica, anche nella attuale situazione mondiale, invece di condividere rassegnati l’illusione che il ricorso alla forza delle armi possa esser, oltre che facile, risolutivo dei problemi, dobbiamo far scaturire un maggiore impegno per le alternative pacifiche, meno immediate e più difficili, perché passano per il sacrificio delle nostre comodità personali e dei nostri egoismi, per la distribuzione delle ricchezze ai poveri, per una mondialità che promuova lo sviluppo nella fratellanza e autonomia dei popoli, e non nell’omologazione di falsi valori che tengono schiavi i meno fortunati.
Personalmente sono convinto che se i profeti, come don Giorgio, appaiono fuori dal tempo è perché nessuno di noi si è convertito veramente al vangelo di Gesù, e ha dimenticato che ciò che non è possibile all’uomo, lo è a Dio.
Antonio Chirillo