Dalla tragica morte della sorella in mare, alla nuova vita a Riace fino al legame sentimentale con il sindaco. Anche lei coinvolta nell’inchiesta, ha scelto la via del silenzio non rilasciando alcuna dichiarazione
«La mia compagna? E’ stata soltanto affettuosa amicizia. Lei ha la sua vita privata, io la mia». Di Lemlem Tesfahun Mimmo Lucano, nel suo primo giorno di libertà in esilio dopo la revoca dei domiciliari, parla al passato, tendendo a glissare ogni domanda sulla loro relazione. Per la donna etiope, indicata come la compagna del sindaco (sospeso) di Riace e coinvolta nell’inchiesta “Xenia”, il tribunale del Riesame ha imposto l’obbligo di firma nel comune calabrese.
Giunta nel paese dell’accoglienza si è messa subito a lavorare comemediatore culturale nei progetti Sprar. Su di lei l’opinione pubblica riacese è spaccata. Da quando ha deciso di legarsi sentimentalmente a Lucano, Lemlem ha il primato di maldicenze e pregiudizi collezionati. Il fascino discreto del suo incedere elegante per le strade del borgo alimenta diffidenze e chiacchiericci da bar. Ma chi la conosce bene la descrive come una donna dal carattere forte e agguerrito, tenera e dolce con i suoi figli. Una donna che ha scelto la strada del silenzio davanti a microfoni e telecamere che l’attendevano fuori dal Cedir, dopo essere esplosa in pianto davanti ai giudici professando la sua innocenza. Da due settimane Lemlem guarda il mondo attraverso le lenti scure dei suoi occhiali, antidoto alla timidezza, forte del suo carisma e sintomatico mistero.
Fonte: Ilario Balì lacnews24.it