Secondo gli ultimi dati riferiti all’anno 2021 sono 401 i minori che vivono in servizi residenziali, di cui sessantacinque sotto i dieci anni e sei sotto i due anni, quattrocento quelli in affido a parenti o a nuclei etero familiari.
Questo lo scenario in Calabria nella ricorrenza della Legge 184 del 4 Maggio 1983 che sancisce il diritto del minore ad una famiglia e regola uno dei principali strumenti di tutela per l’infanzia: “l’affido familiare”.
L’affido familiare – spiega il Coordinamento delle associazioni di famiglie affidatarie e adottive della nostra regione, forte di una quarantennale esperienza – si fonda sull’essenziale principio di tutelare e proteggere i bambini e gli adolescenti da situazioni gravemente pregiudizievoli.
“Vorremmo tutti – evidenziano dal Coordinamento – che non ci fosse bisogno di affido ma non è così, purtroppo. Il principio del ‘superiore interesse dei bambini e degli adolescenti a vivere e a crescere nelle loro famiglie di origine’ va adeguatamente controbilanciato dal diritto degli stessi a cure adeguate o a non essere maltrattati o vivere in contesti violenti o malavitosi, a non essere abusati”.
I bambini accolti nelle diverse strutture associative arrivano dopo anni di permanenza in famiglie fortemente disturbate, minate da tossicodipendenza, disagio psichico, violenza.
Dunque, l’incito è ad agire con determinazione, ponendo al centro il benessere del minore e concedendo alle famiglie affidatarie, formate e sostenute, la possibilità di favorire la loro crescita in un ambiente sano.
Troppo spesso, però, i tempi di valutazione delle famiglie di origine e gli interventi di recupero non sono sincronizzati con le tappe cruciali dello sviluppo dei minori che si ritrovano in situazioni di trascuratezza e maltrattamento per un tempo inadeguato. Con una tendenza che non si riesce ad interrompere del collocamento di minori piccoli e piccolissimi in servizi residenziali.
“Ciò – sottolineando ancora le associazioni – perpetuato nel tempo, porta allo sviluppo di giovani adulti fragili e problematici. Aspettiamo l’irreparabile domandandoci poi perché non si è fatto nulla?”
La soluzione sarebbe quindi quella di intervenire sulla mole di situazioni in attesa di provvedimenti dei giudici che giacciono nelle cancellerie dei tribunali per effetto della mancanza di personale e risorse di ogni tipo.
Sarebbe poi auspicabile investire fondi per sostenere le famiglie disponibili all’accoglienza nella loro formazione, famiglie sempre meno numerose e demotivate, con situazioni sempre più complesse da affrontare.
La proposta del coordinamento è quella poi di finanziare percorsi di cura e di presa in carico delle famiglie d’origine, a cui i bambini vengono momentaneamente allontanati, affinché possano davvero recuperarsi.
“È necessario costruire relazioni basate sulla fiducia e non sulla paura, tra istituzioni, famiglie d’origine, famiglie affidatarie e associazioni familiari. L’affido familiare – proseguono dal coordinamento – è una risorsa preziosa che merita di essere promosso e sostenuto livello regionale/territoriale”.
Alla Regione Calabria, con la quale – in particolare col presidente Roberto Occhiuto e con l’Assessore al Welfare Emma Staine – si è aperto un dialogo su questi viene pertanto rinnovata la richiesta di promuovere il recepimento e la contestualizzazione delle Linee di indirizzo nazionali sull’affido, di coinvolgere gli Ambiti Territoriali Sociali e i Distretti Sanitari, oltre ai Tribunali per i Minorenni, “per un’operatività concreta e continua nell’ascolto dei bambini e delle bambine a rischio di allontanamento dalla famiglia e nel dare risposte adeguate ai loro bisogni”.
“Con il riconoscimento essenziale del ruolo delle reti familiari previsto dalla linee guida per la progettazione e l’esecutività dei provvedimenti”, concludono le associazioni di famiglie affidatarie calabresi: M’Ama D:P:D:B sede operativa della Calabria, Comunità Papa Giovanni XXIII, Centro Comunitario Agape, Forum Associazioni familiari, Centro Emmaus, Meta Cometa, Coop Kroton, Masholw.
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