Antonino Monteleone e Marco Occhipinti intervistano in esclusiva un uomo che dice di avere trafugato e venduto al Getty Museum di Malibù uno degli elmi sottratti alle celebri statue, ritrovate ufficialmente dal sub romano Stefano Mariottini il 16 Agosto del 1972: “L’ho venduto per 23mila dollari, convinto che poi avrei venduto anche i bronzi”

Antonino Monteleone e Marco Occhipinti tornano a occuparsi del ritrovamento di 50 anni fa dei due Bronzi di Riace, una vicenda ancora piena di misteri.

Nei documenti originali redatti all’epoca dallo scopritore ufficiale, Stefano Mariottini, e dal responsabile delle operazioni di recupero, l’archeologo professor Pietro Giovanni Guzzo si parla letteralmente di “un gruppo di statue”, di uno scudo, di un elmo, che poi però non sono mai stati rinvenuti dai sommozzatori dei carabinieri di Messina.

Vi abbiamo anche raccontato di alcune testimonianze, che parlano di ripetuti tentativi di trascinare via qualcosa di pesante dal fondo del mare da parte di una barca a motore proprio nei giorni del ritrovamento e addirittura di uno scudo e di una lancia che sarebbero stati portati via dalla spiaggia da alcune persone, a circa 700 metri dal punto dove furono tirate su le due statue.

Vi abbiamo infine fatto ascoltare le dichiarazioni di un uomo, che racconta di aver saputo della storia di una statua che sarebbe stata trafugata in Calabria e portata in una villa a Roma, dove sarebbe stata comprata da un mercante d’arte che poi l’avrebbe a sua volta venduta ad un emissario del Getty Museum di Malibù, in California. Ma fin qua si è trattato di racconti di seconda mano.

Adesso invece vi facciamo ascoltare la testimonianza diretta clamorosa di un uomo, che se fosse vera metterebbe in discussione la storia ufficiale di uno dei ritrovamenti archeologici più importanti di tutti i tempi. Era il lontano 1981 quando il settimanale Oggi raccontava di un mercante clandestino di reperti archeologici che ammetteva: “Ho venduto io al museo Paul Getty uno degli elmi sottratti agli eroi”.

Una storia riportata qualche tempo prima con diversi articoli anche sul quotidiano il Messaggero, dal collega Mimmo Calabrò, oggi scomparso, negli articoli “I guerrieri avevano elmo e scudi: sono stati rubati”, “In azione i carabinieri il museo Getty nega” e “Museo Getty prove di commerci irregolari”.

Di quel presunto venditore, aveva parlato anche il giornalista del Tgr Calabria Franco Bruno, che di lui aveva raccontato: “Era sicuramente una pedina in questo grande traffico di opere d’arte. Mi fece vedere due fotografie, una con uno scudo e un’altra con la lancia… i due oggetti che sosteneva che erano stati trovati, presi dove c’erano i Bronzi e poi venduti al Getty Museum”.

Insomma, stando a quella testimonianza, i reperti dei bronzi mancanti sarebbero finiti al Paul Getty Museum di Malibù, che porta il nome del noto collezionista miliardario americano Paul Getty. Un museo che più di una volta ha comprato ed esposto importantissimi pezzi di dubbia provenienza, come nel caso dei meravigliosi Grifoni di Ascoli Satriano, o dell’incantevole Venere di Morgantina, tutte opere che poi il Getty Museum ha acconsentito alla restituzione all’Italia, ammettendo il loro trafugamento clandestino.

Proprio Mimmo Calabrò, prima di morire all’età di 55 anni, aveva dato al nostro autore Marco Occhipinti un nome e un numero di telefono, che era rimasto però sempre muto. Le tracce di quest’uomo misterioso sembravano perdute del tutto, fino a quando l’archeologo di Reggio Calabria Daniele Castrizio, di cui vi abbiamo già parlato, non ci parla di un personaggio che sembrerebbe corrispondere proprio all’uomo che cercavamo da anni. “Si mormora da tanto tempo di alcune anomalie che riguardano queste parti mancanti dei bronzi… mmm… C’è una storia che potrebbe riguardare lo scudo, la lancia, l’elmo”.

“Per quanto riguarda l’elmo, probabilmente l’elmo del bronzo B, invece, c’era una denuncia particolareggiata da parte di una persona la quale aveva dichiarato alla stampa e poi se n’era assunta le responsabilità, di avere venduto l’elmo al Paul Getty museum”. Castrizio prosegue nel suo racconto: “Questa persona a cui avevo fatto una perizia tecnica per un processo come numismatico eravamo rimasti in buoni rapporti, mi disse ‘lei studia i Bronzi di Riace professore, avrei ancora la foto di questo… di questo elmo… solo che non sono più in grado di prenderla…’”

“Non le è sembrato un mitomane?”, chiede Antonino Monteleone. “No, no, no… questa persona tutto può essere meno che un mitomane, è una persona… se dice una cosa è quella”. Castrizio nega di sapere se si tratti di un trafficante d’arte, ma ne conferma l’affidabilità: “No, è affidabile come persona, tutto quello che poi nella nostra conoscenza mi ha detto, le informazioni che mi ha dato, cioè che… sono sempre così. Io per mia natura mi sono sempre tenuto lontano da tombaroli e collezionisti per cui non ho mai approfondito… Non l’ho mai fatto, per cui a Reggio sanno che io non sono molto avvicinabile, non fornisco prezzi, non do expertise, non faccio niente… Lo definirei una persona ricca di interessi. Per me è una persona competente della materia”.

Quest’uomo, spiega ancora Castrizio, “mi ha inquadrato tutta la storia in un contesto della sua vita precedente che faceva ste cose…”. Insomma, Castrizio crede al suo racconto. Monteleone gli chiede: “Uno potrebbe dire, se questo ha venduto l’elmo dei Bronzi, dov’è esposto l’elmo dei Bronzi?”

“Il problema è oggi, stroncare il collezionismo internazionale. Per un collezionista internazionale prendere una statua che è stata sul palatino e mettersela nel caveau, è una soddisfazione enorme, la fa vedere agli amici. Aspetterà cent’anni o andrà in prescrizione, duecento anni, ma ha acquisito una cosa di un valore inestimabile, quindi siamo noi Stato italiano che dobbiamo cercare di verificare, di bloccare tutto quello che possiamo”.

Ci mettiamo sulle tracce di questo misterioso uomo, che dice di sapere che fine ha fatto l’elmo di uno dei bronzi di Riace e dopo lunghe ricerche e appostamenti lo raggiungiamo. L’uomo conferma di essere stato intervistato dal giornalista Mimmo Calabrò, e aggiunge di più: “L’elmo l’ho venduto io!!”. E racconta che quell’elmo sarebbe andato a prenderselo da solo, nella zona di Riace.

“Io già quella zona lì la facevo dalla mattina alla sera, specialmente durante l’inverno. Mariottini quando ha notato quel casino che hanno fatto quei due ragazzi in quei minuti, un morto un morto un morto, perché l’avevano preso per un morto, incomprensibile, io conoscevo già quella zona, perché durante l’inverno andavo e i pescatori mi davano le monete queste cose qui perché io le monete diciamo uscivo pazzo in quei tempi… “

“Chi è che si è immerso e l’ha preso?”, gli chiede la Iena. E l’uomo risponde: “Uno di quelli, uno dei pescatori che stavano lì…Era distaccato, era a tre quattro metri, io avevo anche le foto dei bronzi”. E prosegue, accusando il sub che ufficialmente ha ritrovato i due Bronzi: “Mariottini… ha tentato di fregarseli lui prima… ha bruciato due o tre mo…, adesso non mi ricordo sono passati più di quarant’anni, sono stato interrogato anche eh, proprio per il fatto dei cosi mi hanno interrogato”. Ad interrogarlo, spiega l’uomo, sarebbe stato il capitano Giovinazzo.

“Io non è che ho parlato con i carabinieri, i carabinieri me li hanno mandati”. L’uomo dice di avere confermato a Giovinazzo il suo racconto: “Allora il ministro era, quello romano come si chiama lo voglio tanto bene… Rutelli Rutelli!! Lui era ministro dei Beni culturali, avrà fatto la sua relazione, tanto il reato era caduto in prescrizione esatto e quindi non mi potevano fare niente, però a me… diede e mi dà ancora fastidio il fatto che Mariottini risulta quello che ha scoperto, quello ha bruciato due motori d’altobordo, quando ha visto che lui con i suoi mezzi non poteva fare niente, si è messo d’accordo con un suo parente che era capitano della Finanza, per farsi, per rafforzare il fatto che lui risultasse diciamo…”. Lo scopritore ufficiale dei Bronzi, quello che incassa il premio milionario, intende dire l’uomo.

Si tratta, vogliamo sottolinearlo, di circostanze e valutazioni riferite da questo testimone, che non è possibile verificare del tutto. Ma continuiamo però ad ascoltare la sua versione: “Allora i due bronzi sono stati valutati 1 miliardo, lui si è preso 125milioni, 10%, 100milioni, detratte le tasse 85, io 85 milioni un piede mi vendevo… invece vendettero all’epoca… Non ha scoperto un cazzo perché è stato un farabutto che ha tentato prima di fregarci, non ci è riuscito e poi…”. I carabinieri, racconta ancora l’uomo, gli avrebbero mostrato alcune foto: “Della persona con la quale io trattavo, mi hanno messo 9 foto di pregiudicati, hehehe, e la foto di questo qui… “

“Ma questo nella foto chi era?”. Gli chiede Monteleone. “Era quello con il quale io avevo un rapporto lì a Riace e dintorni, quando mi diceva vieni che c’è qualcosa… è uno che non c’è più, che te lo dico a fare, è morto, da almeno 15 anni… un bidello… Quando mi chiamava lui da quelle parti vuol dire che c’era qualcosa di vecchio cose… Quando c’è mare forte e che si trovano le monete… Questo era un bidello in una scuola della Locride…”. L’uomo racconta di avere venduto l’elmo a 23mila dollari:” Perché sapevo che poi avrei venduto i due Bronzi, e invece so’ rimasto con le foto perché, e ancora oggi non riesco a trovare queste foto perché mi piacerebbe darle…”. Racconta che quelle foto subacquee sarebbero del 1972.

“Quindi a Mariottini gliel’hanno preso sotto al naso quest’elmo?” “Sì perché lui non, lui pensava… allora, i ragazzi combinano quel casino, Mariottini capisce e Mariottini scopre quello che scopre… nel frattempo lui si organizza, nel frattempo qualcuno di là cerca di capire quello che questo Mariottini stava combinando… qualcuno scende e prende l’elmo…”

Stando dunque al suo racconto, la scoperta dei Bronzi sarebbe avvenuta con un certo anticipo rispetto all’effettiva denuncia di Mariottini e dalla data della  denuncia ufficiale a quando i carabinieri arrivano sul posto tirando su i Bronzi, sarebbero passati altri 4 giorni. Il tempo sufficiente a far sparire un elmo, una lancia, uno scudo e chissà cos altro ancora?

L’uomo racconta di avere portato l’elmo trafugato a Roma, al ristorante La Parolaccia, all’epoca gestito da un italoamericano, per farlo vedere a un tale di nome Jiri Frel. Un nome conosciuto, ovvero quello del famoso archeologo che tra il 1973 e il 1986 è stato curatore proprio del Paul Getty Museum. Il Bronzo, racconta ancora, sarebbe infatti finito al Junior Paul Getty Museum di Malibu, in California. “Gli americani pagavano in contanti, qualunque cifra… sai come se ne andavano da qui queste cose verso l’America? Con le navi… chi è che fermava una nave americana…”

Paul Getty, racconta l’uomo, avrebbe avuto un grande potere all’epoca. “Era molto amico di Kissinger, Henry Kissinger, se tu ti ricordi il nipote di Paul Getty quando l’hanno rapito e non voleva pagare il nonno, è andato Kissinger a prenderlo… su pressione della madre, ha detto vai a pagare…”. Successe poi, dopo l’articolo di Mimmo Calabrò, che l’archeologo americano Frel fu intervistato sulla vicenda, ma negò di avere mai avuto a che fare con i tombaroli italiani.

Il nostro testimone conferma che l’elmo in questione era proprio quello della statua B e così commenta l’affare concluso. “Non mi sono pentito, gliel’ho quasi regalato, perché sapevo che poi avrei venduto i due Bronzi no? Ho detto ‘dietro di questo c’è anche qualche altra cosa più importante’, senza specificare”. Insomma l’uomo racconta di essere stato sicuro  che poi avrebbe tirato su anche gli stessi Bronzi. L’uomo dice di non riuscire più a trovare la foto di quell’elmo… “Sono andato a controllare un paio di volte però le cose ho visto che non erano per come le avevo lasciate quindi o sono casa casa, o sono da qualche altra parte, non lo so nemmeno io”.

Racconta anche del contatto con Jiri Frel. “Me l’aveva lasciato un antiquario di Roma, perché io una volta a Roma a via del Babuino, a via dei Coronari, ero di casa… Oggi ci sono tutti quelli che non capiscono un cazzo, sono nati ricchi tutti gli antiquari… sì tutti li conoscevo, facevano il retrobottega…”. “Quando io comunicavo che avevo qualcosa, veniva lui, veniva lui con la sua segretaria, una stangona bionda…”

Se quello che ci ha raccontato quest’uomo fosse vero, avremmo finalmente trovato un testimone diretto di quello che è successo ad almeno uno dei reperti dei Bronzi di Riace di cui si parla sui documenti ufficiali. Reperti che poi però non sono mai stati effettivamente recuperati dalle autorità in quel lontano 1972. E se tutto ciò che il presunto venditore dell’elmo ci ha detto fosse vero, la storia dei Bronzi di Riace, una delle scoperte più importanti dell’archeologia di tutti i tempi, sarebbe tutta da riscrivere.

Le iene. It