Ancora incerta è l’identificazione del soggetto, l’ipotesi più accreditata tra quelle finora proposte, è che l’arazzo costituisca il singolo elemento (ad oggi l’unico noto) di un ciclo più ampio riferito al mito di Meleagro e Atalanta. A conferma di tale supposizione interviene la presenza dei due leoni che rievocano la drammatica fine di Atalanta e Ippomane, testimoniando l’intenzione di legare tra loro, in un sottile gioco di rimandi, le varie scene del mito. Poco credibili, tuttavia, risultano alcune identificazioni avanzate in passato che riconosce nella scena centrale l’incontro tra Meleagro ed Eneo, oppure tra lo stesso eroe greco e l’amata Atalanta, tema già trattato da Leyniers nell’arazzo custodito presso l’Art Institute di Chicago. La prima ipotesi non è credibile in quanto Eneo, padre di Meleagro, è sempre rappresentato, in rispetto del dato anagrafico, con le fattezze del saggio; la seconda è confutata dalle sembianze chiaramente maschili di entrambi i protagonisti. In un’ultima analisi, volendo rimanere nell’ambito dello stesso mito, si è portati a riconoscere nell’incontro centrale quello tra Meleagro e uno degli eroi accorsi per affiancarlo nella caccia al cinghiale . Il restauro dell’arazzo di Gerace è stato curato dal Laboratorio di restauro tessile “La trama e l’ordito” di Simonetta Portalupi con la direzione scientifica di Nella Mari, storico dell’arte direttore coordinatore Soprintendenza ai beni storici, artistici ed etnoantropologici della Calabria. Il manufatto si estende in senso orizzontale per un’altezza di 380 centimetri ed una lunghezza di 564 cm. Gli orditi sono in lana non tinta color avorio, ben ritorta e di scarso spessore rispetto ai fili di trama policromi in lana o in seta.
La lettura dell’immagine si presentava integra nonostante lo stato di conservazione materico del manufatto fosse estremamente compromesso. Le cause del degrado sono da imputare ad alcuni materiali costitutivi, in particolare i filati serici, e alle modifiche intercorse negli anni sull’arazzo per i restauri subiti e i sistemi di esposizione utilizzati. Lo studio dell’arazzo è stato condotto mediante la diagnostica fisica multispettrale, secondo una metodologia che approccia il manufatto come si trattasse di un dipinto. Le indagini diagnostiche sono state effettuate dal Laboratorio di Diagnostica della Soprintendenza calabrese e di Valentina Cosco, diagnosta.
Fonte:http://www.turismoitalianews.it/gli-eventi/600-larazzo-di-gerace-un-capolavoro-fiammingo-in-calabria