R. e P.
Non credo serva una particolare ricorrenza, anniversario o occasione per ricordare o commemorare un proprio avo, se non il sentimento di nostalgia o il valore evocativo che egli può suscitare in un suo discendente. Né penso sia neanche mai troppo presto troppo tardi per farlo, l’importante è che vi sia una genuina sollecitazione interiore, magari maturata inconsapevolmente.
La sollecitazione nel mio caso è in primo luogo quella di ringraziare tutti quelli che nel tempo si sono presi cura di mantenere vivo il ricordo del mio bisnonno Girolamo Trichilo (lo stesso nome dato a mio padre, suo nipote) poeta dialettale calabrese nato a Siderno Superiore (in provincia di Reggio Calabria) nel 1847 e morto nel 1933. Senza l’attenzione rivolta dalle persone che a breve menzionerò la sua memoria poetica sarebbe necessariamente evaporata nel tempo. Infatti egli, peraltro analfabeta, non scriveva le sue poesie, che una volta composte si trasmettevano oralmente nel paese e nella regione, a volte anche come strofe di canzoni e serenate, per passare di bocca in bocca; se fino agli anni ’50 del secolo scorso i testi si erano mantenuti vivi nell’eredità popolare, essi si sarebbero dispersi per sempre se non si fosse intervenuti a raccogliere e stampare i suoi versi.
Il merito principale di avere raccolto, registrato e trascritto la memoria di Giomo spetta a suo nipote Don Salvatore Albanese (1930-2003), cugino di mio padre, poeta a sua volta e autore di poesie in italiano e in dialetto. La prima raccolta – Zagara e gelsomini(1970) – è dedicata “a mia madre, figlia di un umile dialettal poeta, che con la vita ed il latte il senso del bello e del buono in cuor m’infuse”. Seguirono poi Oro, incenso e mirra (1979), Dai monti al mare (1988), e, postumi, Ultimi canti; il titolo fu scelto da Enzo D’Agostino il quale, come scrive nell’introduzione, ritrovò i testi dell’arciprete di Marina di Gioiosa Jonica in una carpetta, alla rinfusa, quasi tutti manoscritti, ben pochi datati.
E proprio Enzo D’Agostino ha scritto l’introduzione alle “Poesie scelte” di Giomo Trichilo, a cura di Salvatore Albanese e Rocco Ritorto, pubblicate nel 1983 dall’Amministrazione comunale di Siderno. Ad essa egli stesso esprime riconoscenza per aver consentito di recuperare e tramandare la produzione poetica di Giomo, o almeno di quella parte che era stato possibile recuperare, anche grazie ai quaderni scritti, a quanto pare sotto dettatura del poeta, dal figlio Rosario Salvatore e dal nipote Attilio Romeo. D’Agostino ricorda e ringrazia anche Cosimino Parisi, definito custode delle memorie poetico-folkloristiche di Siderno.
In tale introduzione, D’Agostino descrive Giomo, definito quanto alla professione massaro, tra l’altro, come sensibile al gusto del bello e dell’avventuroso, attribuendogli vena fertile e verso facile, capace di esprimere una notevole carica di umanità e senso vivo dell’amicizia. Ancora, egli lo riconosce capace di sarcasmo, ad esempio in una poesia contro i preti di Siderno che provocavano scandalo, riconoscendo al contempo la sua devozione e religiosità, come testimoniato anche dai versi dedicata a San Francesco di Paola. D’Agostino nota anche la scorrevolezza dei suoi versi, che come accennato sopra si prestavano talvolta a essere cantati in stornelli, grazie alla loro musicalità.
La poesia di Giomo Trichilo superò almeno una volta i confini regionali quando ottenne dal Re d’Italia un diploma e un riconoscimento per una lunga canzone sulla guerra di Libia del 1912 in cui si esalta l’amor patrio e la missione dell’Italia.
Se questo è l’unico libro dedicato espressamente a Giomo Trichilo, va registrato che egli trova menzione anche in “La letteratura calabrese” di Antonio Piromalli(Vol. I, pp. 365-367, Luigi Pellegrini Editore, 1996). Questi ritiene che “Trichilo rappresenta per l’arco della sua vita, un nuovo documento artistico e sociale della Calabria postunitaria, dell’età liberale e di quella del fascismo”, affermando altresì che l’ideologia in lui maturò “a contatto con il mondo del lavoro e con la sofferenza, con l’emigrazione, con i sopraffattori locali”. Per Piromalli, ancora, “gli accenti del poeta sono carichi di psicologia collettiva vigorosa e fatalista, come indica spesso l’avverbio destinatamente”.
Chi ha poi negli ultimi anni avuto il maggior merito di tenere viva la memoria di Giomo Trichilo è stato l’Avv. Antonio Tassone, presidente dell’Associazione culturale “L’eco di Siderno” che ha istituito il Premio letterario intitolato al suo nome. anche con l’obiettivo di tutelare, valorizzare e promuovere l’uso del dialetto. Il Premio haormai raggiunto XVI edizioni (con una battuta d’arresto negli ultimi anni a causa delle restrizioni dovute al Covid-19) e grazie a questa iniziativa è stato molto opportunamente legato il passato al presente, promuovendo sia un bando per premiare le tre migliori poesie dialettali che vengono proposte, nonché un premio alla carriera destinato a chi ha dato lustro alla letteratura e poesia calabrese. I premi vengono consegnati ai vincitori nel corso di una cerimonia ufficiale, accompagnata da una manifestazione culturale a Siderno.
A tutte le persone sopra menzionate va il mio più sentito ringraziamento e apprezzamento per l’operazione culturale consistita nel tramandare i lavori di Giomo Trichilo alle generazioni presenti e future.
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Ho avuto l’onore e il piacere di partecipare all’edizione 2015 del Premio, constatando la vitalità e validità della sua formula, rivolta alla promozione della cultura calabrese.
È stata l’occasione per ritornare, insieme a mio fratello Mauro e alle rispettive famiglie, nei luoghi dove avevo trascorso momenti felici da ragazzo, incontrare parenti che non vedevo da tempo e ravvivare i ricordi di Don Salvatore Albanese, che ebbe la bontà di ospitarmi per farmi trascorrere varie estati della mia adolescenza in quella bellissima regione, tra il mare cristallino e i monti a portata di mano.
È stata anche l’opportunità di rendere omaggio alla tomba del bisnonno Poeta al Camposanto di Siderno. Sulle sue volontà testamentarie, D’Agostino nel testo sopra citato ricorda che “la sua bara fu coperta di sola terra e, sopra, una semplice croce di ferro ne indicò per lunghi anni il sito. C’era scritto: TRICHILO GIROLAMO – POETA”. Ho anche potuto constatare che nel frattempo una strada gli era stata dedicata dal Comune di Siderno.
Come si sarà capito, non sono un assiduo frequentatore della regione di cui sono originario per via paterna (anche per il mio lavoro che mi ha portato a trascorrere più anni all’estero che in Italia), e pertanto né posso e tanto meno intendo fregiarmi di particolari titoli di merito di calabresità. Mi sarà però concesso di spendere almeno una parola di affetto per questa regione.
Fra le tante possibili letture delle sue bellezze, desidero sottolineare la mia personalissima percezione della sua dimensione bizantina, durata, più che ovunque altrove in Italia, ben cinque secoli, tanto da poter essere considerata l’avamposto di Bisanzio nella nostra penisola.
Ne sono retaggio, come bene illustrato in La storia della Calabria di Augusto Placanica (Meridiana Libri, 1993, a cura della Camera di commercio, industria, agricoltura e artigianato di Catanzaro), “l’architettura delle sue chiese, dei suoi eremi, dei suoi cenobi, che rigorosamente richiamano i moduli di terre lontanissime: l’Armenia, la Georgia, l’Anatolia, il Peloponneso”; come pure l’etimo greco, tanto che, come riporta ilNuovo dizionario dialettale della Calabriadi Gerhard Rohlfs, a fronte di 1639 termini di derivazione latina ve ne sono 1168 di derivazione greca (oltre a 129 etimi arabi).
Credo basti questo accenno, tra i numerosi altri possibili, per evidenziare una specificità tutt’affatto calabra e una ricchezza che ne fa una regione dalle caratteristiche irripetibili che, non fosse altro per ciò, merita di essere sempre più valorizzata, coltivata, rispettata.
Paolo Trichilo, dicembre 2021
nella foto sotto l’Ambasciatore italiano dott. Paolo Trichilo
sotto Giomo Trichilo (U poieta”