di Kasia Burney Gargiulo
Cercando nei meandri di quell’enorme scrigno di tesori che è il patrimonio culturale italiano, spesso ignoto ai suoi stessi detentori, scopriamo che in Calabria si conserva una delle più antiche rappresentazioni dell’Epifania ovvero la “manifestazione del Signore” al mondo, fulcro di una delle ricorrenze più importanti della chiesa cristiana (si celebra il 6 gennaio per le chiese occidentali e per quelle orientali che seguono il calendario gregoriano, e il 19 gennaio per le chiese orientali che adottano quello giuliano). L’evento è stato più volte rappresentato nella storia dell’arte attraverso l’Adorazione dei Magi, i tre sapienti zoroastriani che, secondo il Vangelo di Matteo (2,1-12), seguendo un astro luminosissimo giunsero da Oriente a Betlemme per adorare il bambino Gesù, il “re dei Giudei” appena nato. Il tema, già ricorrente sul Sarcofago di Adelfia (IV sec. d.C.) custodito a Siracusa, che nella sua decorazione contiene la più antica raffigurazione scultorea del presepe, trova una sua preziosa riproposizione in un piccolo e raffinato gioiello d’arte sconosciuto ai più, una “brattea” (lamina d’oro lavorata a sbalzo) del VI-VII sec. d.C. rinvenuta in una sepoltura cristiana durante lavori agricoli nei poderi della famiglia De Mojà, a Siderno (Reggio Calabria), nel 1886. Da dati anteriori all’urbanizzazione dell’area, pare che sul luogo fosse presente una villa romana a lungo sopravvissuta intorno alla chiesetta di S. Maria di Schiriminghi, luogo di culto rimasto attivo per secoli. Si tratta di una straordinaria testimonianza iconografica di forma circolare, di circa 5 cm di diametro, acquisita nelle collezioni del Museo Nazionale di Reggio Calabria ed oggetto di approfonditi studi da parte di Giacomo Oliva, studioso della Soprintendenza archeologica della Calabria.
Il delicato rilievo leggibile sulla superficie della lamina raffigura l’Adorazione dei Magi che offrono i loro doni al Bambino seduto in grembo alla Madonna. La Vergine è rappresentata assisa in trono come una dea pagana della fertilità o un’imperatrice bizantina, sebbene l’aureola ne indichi l’altissimo stato spirituale di Theotòkos, ossia ‘colei che genera Dio’. Verso di loro incedono i Magi, vestiti all’orientale con corta tunica e berretto frigio in testa, guidati da una stella ad otto punte munita di scia luminosa. Un angelo in volo sovrasta la scena nella quale, secondo l’iconografia ufficiale di tradizione romana, trova espressione il dogma dell’Incarnazione. A tal proposito, così come nel Sarcofago di Adelfia, troviamo associato all’Adorazione dei Magi il tema della Natività, riprodotto nella parte inferiore della brattea (esergo), dove è chiaramente visibile un ‘presepe’ in miniatura col Bambino in fasce adagiato nella mangiatoia, il bue e l’asino, e su entrambi i lati un pastore con la propria pecora. L’intera scena è circondata da un decoro a girali e da una perlinatura. Secondo Oliva questo manufatto “costituisce in Calabria la prima testimonianza iconografica in forma scenica di due episodi evangelici. Dal solo dato della brattea aurea è purtroppo impossibile dedurre se essa provenisse dalla sepoltura di un alto ecclesiastico, di un ricco proprietario terriero o di un funzionario imperiale”.
E’ possibile che in origine questa lamina aurea fosse applicata ad impreziosire il coperchio di una scatoletta in legno, molto probabilmente un reliquiario. Gli elementi stilistici ne fanno attribuire l’origine all’area mediorientale da cui potrebbe essere giunta in Calabria tramite un pellegrino di ritorno dalla Terra Santa oppure sulla scia delle numerose migrazioni di monaci orientali nel Sud Italia. Questi ultimi solevano venerare le ossa dei santi confratelli defunti, contribuendo alla diffusione del culto delle reliquie. Questo oggetto ci riporta dunque al tempo in cui la Calabria divenne parte dell’Impero Romano d’Oriente assorbendo la cultura bizantina al punto tale da conservarne tracce profonde nella sfera devozionale ancor oggi espressa nel territorio regionale.
Quella di Siderno è solo la prima delle lamine circolari auree, lavorate a sbalzo con figurazioni sacre, ritrovate per lo più sul versante jonico calabrese e destinate ad ornare oggetti di vario genere, a volte anche abiti (bracteatae). La comune caratteristica di questi reperti, nei quali trova espressione il forte vincolo spirituale e culturale instauratosi fra il vicino Oriente e la Calabria, è la scelta di immagini religiose con sviluppo della decorazione all’interno di un clipeo decorato. Subito dopo il rinvenimento, la laminetta di Siderno fu studiata da Antonio De Lorenzo, allora vice-direttore del museo reggino che ne acquisì la proprietà su donazione del titolare del podere in cui fu ritrovata, e a Reggio è tuttora conservata*. Ad essa è accostabile, per esecuzione e datazione, una seconda lamina con la raffigurazione di S. Mena, oggi conservata ai Musei di Berlino in stato frammentario; una terza brattea, raffigurante Cristo fra gli angeli, proviene da Rossano (Cosenza) ed è custodita al Museo Archeologico di Siracusa, dove approdò dopo essere stata acquistata da Paolo Orsi nel 1927 presso un antiquario romano, che a sua volta l’aveva ricevuta da un orafo di Rossano; un quarto manufatto, raffigurante S. Teodoro di Amasea, fu recuperato a Rossano dal soprintendente Galli che l’aveva ricevuto da un orefice di Rogliano (Cosenza), il quale affermò di averla acquistato a sua volta da un contadino di Petilia Policastro (Crotone); una quinta lamina con due santi cavalieri è inoltre conservata a Berlino ed è genericamente indicata come proveniente dal territorio calabrese; l’ultima lamina conosciuta, proveniente da Tiriolo (Catanzaro), raffigura anch’essa una scena di Epifania ed è conservata al Museo Provinciale di Catanzaro: rispetto a quella di Siderno, pezzo di raffinatissima oreficeria orientale, quest’ultima presenta una decorazione più semplice ed è considerata un manufatto più tardo di produzione locale.
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* Nel 2010, in concomitanza con i lavori di restauro del Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria, la brattea aurea di Siderno è stata trasferita per una mostra presso il Museo Archeologico Nazionale di Locri Epizefiri (C.da Marasà, Locri – Tel. 0964/390023) dove si trova ancora temporaneamente esposta.
Bibliografia e sitografia:
– Corrado M. – Gentile A. M., Fortune calabresi di San Teodoro di Amasea: dalle fibule altomedievali con lamine bratteate agli stemmi civici di età moderna, in “Studi Calabresi”, V-VI,6/7 (2005/2006), pp. 19-38
– D’Agostino E. – Romeo D., Dalla tarda antichità all’età moderna, in F. Mazza (a cura di), Siderno e la Locride, Soveria Mannelli, Rubbettino Editore, 2010, pp. 87-88
– D’Agostino E., Da Locri a Gerace. Storia di una diocesi della Calabria bizantina dalle origini al 1480, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2004, 293 p.
– Lipinsky A., L’arte orafa bizantina nell’Italiameridionale e nelle Isole, in La chiesa greca in Italia dall’ VIII al XVI secolo. Atti del Convegno, Padova 1973, pp. 1389-1478
– Pannuti F., Lamine auree bizantine dalla Calabria, in I. Baldini Lippolis, A.L. Morelli (a cura di), Oggetti-simbolo: produzione, uso e significato nel mondo antico, Bologna, Ante Quem, 2011, pp. 337-353.
– Schenal Pileggi R., Nello scrigno dei nostri tesori: l’Epifania di Siderno, in ZoomSud.it , 6 gennaio 2013
tratto da http://www.famedisud.it