…e se ne sono andati entrambi, lasciando sgomenti e addolorati, i loro genitori, i cari tutti, assieme alla nostra intera comunità, che nel loro ricordo, si stringe -come sempre, come nel nostro essere (e sentire) ‘Bovalino’- o meglio ci induce a ‘circondare’ gli affetti dei ‘due Giuseppe’ (Pelle e Celea), poiché sono anche ‘nostri’, se non altro almeno un pochino.
E Bovalino piange, piange lacrime di commozione, di dolore, con questo modo di essere, noi stessi struggenti ma dignitosi, in un tempo unico e in un modo esclusivo, oserei dire speciale, che ci viene da dentro, al pari di tante emozioni, le quali per discrezione, orgoglio, pudore, portiamo dentro, ben stipate, sin in fondo all’anima.
Ci si commuove a Bovalino? Certo che si, eccome…
Anni fa -lo ricordo perfettamente!- un mio amico di infanzia che si chiamava Devid, morì di un brutto male, lontano dalla nostra terra.
Io ero bambino, un bambino strappato alle sue radici -Bovalino ovviamente!- e lui era un coetaneo, un compagno di giochi, figlio di compari e di amici dei miei genitori.
Padre e madre, così come i suoi fratelli, affrontarono il suo (e di conseguenza anche il loro) calvario, con una forza d’animo che mi resterà sempre impressa. Difatti, se ancora oggi, dopo quasi quarant’anni rammento lui (non solo per l’affetto che ci legava) e la vicenda, ciò fa capire tanto, anzi il tanto nell’infinito, cioè la sineddoche di un sentimento, il quale non solo non si spezza, bensì non viene mai a mancare.
Tornammo da Catanzaro per partecipare al lutto (difatti mia madre era la commare di battesimo di sua sorella Samanta) e ricordo Bovalino, il mio paese -anzi, diciamolo pure, ‘casa mia’, ovvero il luogo dell’anima e persino il sogno e il paradiso, che si snoda dentro il cuore- e in quel momento, tutti, ma proprio tutti, erano a piangere con i familiari.
Molta gente di allora oggi non c’è più, ma restiamo noi, noi che amiamo ‘la casa nostra’, cioè ‘u paisi’, al quale restiamo fedeli con orgoglio e dignità, amore e passione, sentimento ed emozione, spirito critico e di difesa, proprio a testimoniare quanta partecipazione c’è sempre, nel mentre ci lascia un ‘figlio di Bovalino’.
Si, veramente -e non vale solo per me!- in simili tristi occasioni, è come se venisse meno o mancasse un nostro parente, poiché siamo comunità e popolo, municipalità ed entità, ma siamo soprattutto ‘un mondo’ in cui ciascuno si conosce e tutti, alla fin fine si sorreggono.
Certo, talvolta si vengono a creare fazioni elettorali, epperò poi ogni cosa si ricompone, lì, proprio lì, sotto gli alberi della piazza in cui si staglia la Chiesa di San Nicola di Bari (tra il Municipio da un lato e il Palazzo Morisciano dall’altro, dove nacque la mia indimenticabile nonna Maddalena, la prima in famiglia a portare questo bellissimo nome, che oggi vede quale ultima epigona momentanea, mia nipote a cui voglio un bene immenso); oppure ci si trova a ricomporre gli ‘strascichi fazionistici’ sul Corso o nei vari bar.
Ah…i bar di questa incantevole Bovalino, in cui si intravede un sorriso, si scambiano le opinioni, si incontrano gli amici e mai che vi sia uno che non vuol offrire qualcosa ad un altro.
E poi torniamo al dolore in incipit, così realmente descritto, poiché l’ho rivissuto venerdì 20 Ottobre, durante i funerali del piccolo Giuseppe Pelle, oppure ieri nel mentre si svolgevano quelli del giovane Giuseppe Celea, proprio a dimostrazione che il nostro tempo, quello di noi tutti a Bovalino, è -fortunatamente, autenticamente, sentitamente!- uguale a se stesso, oggi come ieri e come sarà domani.
E si, è così, ‘perche nel dire grazie a Nostro Signore attraverso un ossequioso “Te Deum laudamus”, aggiungiamo pure … “simu comu simu, pecchi simu i Bovalinu’!
Vincenzo Speziali