Se è vero che la storia insegna, noi siamo dei pessimi alunni.” E di certo gli alunni di Siderno non fanno eccezione alcuna. Ciò che negli ultimi due anni è successo al lungomare di quella che secondo alcuni era la “perla dello jonio”, incarna probabilmente ciò che è successo al paese stesso. Un paese che ha vissuto anni di gloria, commerciale, turistica, e anche sociale. Punto di riferimento per la locride intera. Capitale ufficiosa del comprensorio, meta dei giovani della zona che, inverno o estate, si riversavano tra le strade. Quello che è oggi Siderno non ha nulla a che vedere con quanto appena detto, con la “perla dello jonio”. Oggi Siderno è un paese in ginocchio. In ginocchio da tanto, troppo tempo. Genuflessa, aspetta un segno, forse la “grazia”, divina o meno. Ma, come detto prima, la storia ci insegna che non ci si rialza senza impegno, senza forza di volontà e senza convinzione. Solo che noi siamo dei pessimi alunni. E pretendiamo la “manna dal cielo”, in un periodo che dal cielo vede cadere solo pioggia, e qualche volta merda. Di pioggia ne è caduta tanta. Per conferme chiedere a San Francesco che lì in piedi sul lungomare si aggrappa ai suoi colleghi santi in paradiso provando a non crollare. Di merda invece, ne è caduta paradossalmente di più. Per conferme chiedere a politici, imprenditori e professionisti vari. Quello che cade dal cielo però, è semplicemente ciò che in precedenza abbiamo tirato su.
Da pessimi alunni, abbiamo la memoria corta e ignoriamo le origini delle nostre sventure. Ignoriamo gli anni e anni in cui alle urne invece di scegliere il migliore, eravamo costretti a scegliere il “meno peggio” (riuscendo spesso a sbagliare anche quello). Ed è troppo comodo dare poi la colpa a questo o a quel clan che pilotava le elezioni, facendo le proprie “primarie”. Perché anche se tutti i presunti ‘ndranghetisti presenti a Siderno avessero votato all’unisono, quanti voti effettivi sarebbero stati? Un 5%? Non è certo con percentuali del genere che si pilotano le elezioni. Si pilotano con il favore, con il voto al cugino, al nipote, al genero. Con il candidato che passa casa per casa a chiedere il voto, garantendo in cambio disponibilità per ciò che sarà in potere di fare. La democrazia che perde la rappresentatività e la sostituisce con la disponibilità. E questa non è una logica mafiosa, ma semplicemente calabrese (o addirittura italiana). Quella di non curarsi delle conseguenze delle proprie scelte, del votare l’amico che “magari non sarà competente, ma mi aiuta”. Ma quanto costa questo aiuto? Parecchio. Per conferme chiedere all’attuale amministrazione che, come era prevedibile, ha trovato una situazione disastrosa dopo anni di incompetenze e commissariamenti. E anche qui, non serve scaricare le colpe sui commissari straordinari, come se un comune venga sciolto così, per sfizio. Lo scioglimento del comune è il prezzo da pagare per la logica calabrese menzionata qualche riga più in alto. Certo, non si può negare che qualcuno ci abbia messo del suo, enfatizzando un po’ e perdendo in parte il valore primo della giustizia. Quello della presunzione di innocenza che quando si parla di Siderno, sembra sempre venir meno, e che si è trasformato quasi in presunzione di colpevolezza. Il dover provare a dimostrarsi innocenti quando dovrebbe essere l’altra parte a dover dimostrare il contrario. Differenze sottili, ma importanti. Anche qui, per conferme, chiedere ai vari imputati delle tante inchieste giudiziarie (più o meno recenti) che si erano visti richiedere condanne sopra i dieci anni, venendo infine assolti. Sono molti più di quanto sarebbe lecito immaginarsi. La maggior parte di essi vittime della carcerazione preventiva che dura anni, salvo poi “scagionare”, risarcire. Come se si potesse dare un valore al tempo che passa, alle libertà tolte. Una giustizia a volte troppo frettolosa, con un modus operandi tipicamente calabrese, anche questo, che è quello dell’approssimazione e della superficialità. In cui non si scinde tra il mafioso e il cittadino comune. In cui si persegue pure il tizio qualunque, reo di non aver saputo riconoscere chi nel proprio privato intratteneva legami criminali, tagliando qualsiasi tipo di rapporto, sociale e/o lavorativo.
Questo non toglie tutto ciò che di buono è stato fatto negli anni, ma bisogna stare attenti a non far sfociare il tutto in una “caccia alle streghe”, che se gestita male potrebbe avere l’effetto contrario rispetto al fine ultimo dell’annientamento della criminalità organizzata. Perché in un territorio abbandonato per decenni dallo Stato, non è con la repressione massiccia, facendo fioccare ergastoli a destra e a manca, che si vince la battaglia, bensì con la mentalità. È necessario inculcare alle nuove generazioni il concetto vero di legalità, che inizia dalle piccolissime cose, e che finisce nel disconoscimento della logica tutta “nostra” più volte menzionata della “convenienza”. L’unica cosa che ai giovani calabresi deve convenire è rinunciare alla ‘ndrangheta. E non per paura delle condanne, ma perché la vita sia più facile nella legalità che nell’illegalità. E ciò può essere possibile soltanto con una mentalità diversa da quella che regna indisturbata nel nostro paese.
Perciò Siderno è ancora lì in ginocchio, e fa molto male vederla così, violentata da chi doveva proteggerla, dai suoi figli. Una violenza incestuosa, volgare, immeritata, ad una madre che ha dato tanto e preteso quasi nulla. Pretendeva di essere mantenuta bella, degna della propria reputazione. Pretendeva di essere luogo di arrivo e non di partenza, pretendeva di non perdere quei figli giovani e di belle speranze; quelli che vanno via, che si arrendono a convivere con la lontananza piuttosto che con la fame o con una mentalità che non appartiene loro. E chi potrebbe biasimarli del resto. Pretendeva sicuramente un lungomare che fosse il fiore all’occhiello, che rispecchiasse il benessere vissuto all’interno dei propri confini. E non meritava un disastro tale, triplo, fatto di inesperienza alla prima mareggiata di Dicembre 2013, poi di inettitudine alla seconda di Febbraio 2014, e infine di menefreghismo a quella di Novembre 2015 che lo ha definitivamente messo al tappeto. Ora è necessario che Siderno, più che mai in ginocchio, smetta di pregare per la grazia divina e si sposti dalle panche della chiesa verso il confessionale. Quello è il posto giusto in cui genuflettersi, per confessare i propri peccati, fare ammenda, e rialzarsi. A patto però che siano davvero tutti a fare ammenda, nessuno escluso. Perché il tempo di accusare l’altro è finito.
Chi è senza peccato, scagli la prima pietra”. E così è stato infatti. A scagliare la prima pietra, è stato il mare.
Matteo Belcastro
lungomare 3