Ricordare perché questo non accada più. Questo è l’augurio insito nella legge dello Stato n.211 del 20 luglio 2000 che riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, ”Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah(sterminio del popolo ebraico),le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetti i perseguitati.
La legge si rivolge in prima battuta alle scuole perché in tale circostanza favoriscano momenti di riflessione su quelle tragiche vicende in modo da conservare nel futuro dei ragazzi e dei giovani, quindi nel futuro dell’Italia la memoria di un oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa e affinchè simili eventi non possano mai più accadere.
Ravvisiamo, tuttavia, la necessità, ancor più oggi, come la scuola debba saper costruire percorsi di educazione alla conoscenza e al rispetto dei diritti di ogni uomo, al dialogo, alla solidarietà, alla collaborazione, alla giustizia, alla pace, ossia a quei valori che sono le fondamenta su cui si regge uno stato democratico.
Sono certo che il “Giorno della Memoria” troverà ,come è tradizione anche nella scuola reggina, quella attenzione e sensibilità sempre dimostrate nel suo consolidato attaccamento ai valori fondamentali della convivenza fra i popoli, valori verso i quali la scuola stessa deve confermare il suo ruolo di protagonista.
Conservare la memoria mediante il diretto coinvolgimento dei giovani consente di favorire la crescita di generazioni con una più solida coscienza civile,in grado di porre in primo piano la tolleranza,il rispetto per le diverse opinioni,tradizioni culturali e religiose,la convinzione della centralità della persona e dei suoi diritti fondamentali.
Sono i giovani che devono vigilare perché nell’oggi e in futuro la violenza e l’arroganza non spengano la speranza di tutti noi in un mondo più libero e giusto,in cui tutti possano vivere con pari dignità e rispetto reciproco.
La valorizzazione dell’insegnamento della storia, soprattutto del suo più recente periodo, consente agli allievi di cogliere il senso e la problematicità degli eventi e di comprendere, con obiettività, i fattori, le vicende anche drammatiche, le intenzioni, le prospettive.
Così come è necessario valorizzare, ad ogni livello scolastico e con le dovute gradualità, l’ insegnamento del diritto. Lo studio della Costituzione della Repubblica italiana,di cui quest’anno celebriamo il settantesimo compleanno,deve essere orientato a consentire il confronto fra i principi fondamentali della convivenza, nelle diverse istanze presenti nella nostra società: dalle libertà individuali alle solidarietà sociali, all’unità nazionale, all’integrazione europea e alla cooperazione internazionale.
Insomma, è auspicabile che l’uomo, dopo il grande processo della globalizzazione delle finanze, del commercio, della parola, dei rapporti interumani, deve completare la sua opera, con un analogo processo di globalizzazione della solidarietà, dell’amore, della cultura, della religiosità, per trasportare su piani di vita più alti e più vivibili rispetto al passato.
Un passato che va ricordato, perchè bisogna avere memoria lunga del proprio passato, in particolare della Shoah. Un punto rimane fermo. La Shoah nella catena degli eventi che la precedono e l’accompagnano è un caso paradigmatico, esemplare in senso negativo, di una Europa incredibilmente indifferente di fronte alla conseguenze dell’antisemitismo e antigiudaismo coltivato nelle sue culture, di fronte alle leggi razziali che sono state rumorosamente promulgate sul Continente senza che si registrassero proteste o contestazioni, di fronte all’esecuzione del genocidio sulle cui dimensioni ed efferatezze governi e istituzioni internazionali avevano chiari indizi.
Per noi, per le generazioni che si sono succedute, non resta che l’orrore postumo per Auschwitz diventato ricordo che ci rende sensibili(forse ipersensibili )a tutte le manifestazioni xenofobe o etnocentriche che percorrono l’Europa contemporanea.
In questi giorni la scuola ha un compito in classe:non lasciare che la memoria si riduca ad una sola giornata. E’ anche il monito che il Ministero dell’Istruzione lancia alle istituzioni scolastiche:sia “un momento collettivo non di formale commemorazione ma di attenta riflessione perché alle numerose vittime di questa immane tragedia sia reso il doveroso omaggio e ne sia conservata la memoria”.
Chi più e meglio della scuola deve farsi carico di ricordare e coltivare il passato?Quando i pochi sopravvissuti, testimoni di questo olocausto, non ci saranno più, chi dovrà raccontare dei milioni di morti, del filo spinato, dei vagoni blindati, delle camere a gas, dei forni crematori?Quando l’ultima voce sopravvissuta ad Auschwitz, Birkenau, Dachau si spegnerà,sarà la scuola a fare da registratore e amplificatore. Tanti ragazzi non sanno. Troppi sanno in maniera approssimativa. Ben venga dunque il giorno della memoria e anche il minuto di silenzio. Ma dopo quel silenzio la scuola e le famiglie non smettano mai di parlarne.
Reggio Cal. 26 gennaio 2018