La Guardia di Finanza di Bologna sono stati impegnati, con il supporto del Servizio centrale di investigazione sulla criminalità organizzata (Scico) e di altri reparti, nell’esecuzione di 41 ordinanze di custodia cautelare (37 in carcere, 3 agli arresti domiciliari e
un obbligo di dimora) – nelle province di Bologna, Reggio Emilia, Modena, Parma, Milano, Cremona, Brescia, Pavia, Livorno, Roma, Foggia, Potenza, Crotone e Reggio Calabria – a carico di soggetti appartenenti a un’associazione a delinquere composta da italiani appartenenti o contigui alla ‘ndrangheta reggina e crotonese, dedita al traffico internazionale di cocaina, hashish e marijuana. Le misure cautelari, disposte dal gip del Tribunale di Bologna Alberto Gamberini costituiscono
l’epilogo di complesse indagini di polizia giudiziaria dirette dal sostituto procuratore Roberto Ceroni della Direzione Distrettuale Antimafia, coordinate dalla Procura Nazionale Antimafia e Antiterrorismo – alla luce di convergenze emerse con altri filoni investigativi delle Procure della Repubblica di Firenze, Potenza e Trento – e condotte, per quasi 2 anni, dagli specialisti del Gico del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Bologna. Grazie all’acquisizione delle chat criptate intrattenute tramite la piattaforma Sky ECC, smantellata nel 2021 a seguito di un’operazione di un Joint Investigation Team sotto l’egida di Europol, i Finanzieri hanno ricostruito la struttura del sodalizio criminale e l’intera filiera dell’approvvigionamento dello stupefacente. Il leader dell’associazione è stato identificato in un soggetto, già noto alle cronache, ai vertici della ‘ndrina “Staccu” di San Luca, latitante in Spagna dal 2018 e tratto in arresto a marzo 2021.
Nel periodo di latitanza, il boss ha tirato le fila di una vastissima rete di narcotraffico internazionale in grado di gestire carichi di stupefacente nell’ordine delle centinaia di chilogrammi al mese, in affari con i potentissimi cartelli Sudamericani (fra cui il Primeiro Comando da Capital brasiliano e organizzazioni criminali colombiane, peruviane, messicane e boliviane) e alcuni dei più noti e pericolosi latitanti italiani. Grazie all’incessante brokeraggio del boss, lo stupefacente, proveniente dai Paesi di produzione Sud-Americani, giungeva nei porti dell’Europa settentrionale (in particolare Anversa e Rotterdam) per essere subito dopo distribuito in tutto il vecchio Continente. Il boss aveva affidato la gestione del mercato italiano ai promotori dell’associazione, soggetti calabresi da anni residenti nel Parmense e nel Reggiano che, avvalendosi di basi logistiche dislocate in varie regioni (Calabria, Lazio e Lombardia), di corrieri e di imprese compiacenti, erano in grado di occuparsi, con indiscussa professionalità e disinvoltura, dei traffici illeciti della Cosca in tutta la Penisola.

Il riciclaggio era affidato a cinesi
Nel corso delle indagini, sono stati ricostruiti approvvigionamenti e cessioni per quantitativi che sfiorano i 1.200 kg di cocaina, i 450 kg di hashish e i 95 kg di marijuana. Tali ingenti quantitativi di stupefacente hanno fruttato all’associazione decine di milioni di euro, parzialmente reimpiegati in 14 società intestate a prestanome e utilizzate anche per “mascherare”, in pieno periodo di lockdown pandemico, i trasporti di droga attraverso false bolle di accompagnamento. Un ruolo attivo e assolutamente prezioso nella sistematica opera di riciclaggio dei proventi illeciti del sodalizio criminale è stato ricoperto da una vera e propria rete di soggetti di nazionalità cinese attraverso il fei ch’ien (sistema “informale” di trasferimento di denaro). In particolare, dopo aver prelevato ingenti somme di contanti, i cittadini sinici provvedevano a inviarlo, attraverso una lunga catena di bonifici, ad aziende commerciali ubicate in Cina e Hong Kong. Queste ultime, attraverso articolati meccanismi di “compensazione”, erano in grado di recapitare il denaro ai broker del narcotraffico e agli stessi cartelli sudamericani attraverso “agenti” residenti all’estero. Dalle indagini è emerso che, grazie al meccanismo dei fei ch’ien, l’associazione è stata in grado di ripulire più di 5 milioni di euro; due “riciclatori” cinesi sono stati colpiti da un’ordinanza di custodia cautelare in
carcere.

Tutti i numeri dell’operazione
Durante le indagini sono stati inoltre arrestati, in flagranza di reato, 3 cittadini italiani e sequestrati 43 kg di cocaina, 44 kg di hashish, sostanze da taglio e frullatori utilizzati per preparare il narcotico, poco meno di 140 mila euro in contanti (trovati nella disponibilità di uno dei “riciclatori” cinesi) e 10.000 prodotti contraffatti (di cui 3.200 articoli di abbigliamento recanti i marchi di famosi brand e svariate confezioni di farmaci contro la disfunzione erettile per un totale di 6.800 blister). Oltre alle 41 ordinanze di custodia cautelare, le Fiamme Gialle bolognesi hanno eseguito il sequestro di 44 immobili e terreni, n. 17 autoveicoli/motocicli, n. 354 rapporti bancari e 80 fra società, attività commerciali e partecipazioni sociali, per un valore complessivo stimato di oltre 50 milioni di euro; sono state altresì effettuate numerose perquisizioni personali e locali, tuttora in corso.