L’evento, organizzato dalla Delegazione FAI calabrese, mira a puntare i riflettori non solo sulla eccezionale valenza storica ed artistica della scultura, opera chiave del Rinascimento Meridionale, concordemente attribuita da tutti gli studiosi al grande maestro siciliano, Antonello Gagini, ma vuole rendere il pubblico partecipe dello straordinario patrimonio immateriale, carico di devozione e pietà polare, che ruota attorno alla candida statua, commissionata nei primi anni del Cinquecento dai monaci dell’Ordine Agostiniano.
Il santuario era stato ingrandito, o molto più probabilmente realizzato, nel 1508, all’indomani dell’insediamento, nella “Timpa di Bonbili”, del frate Jacopo da Tropea, seguace del beato Franco Marino da Zumpano (1455-1519), promotore in Calabria della riforma dell’Ordine degli Eremitani di Sant’Agostino. L’obbiettivo di Francesco Marino era quello di risollevare le sorti degli Agostiniani dalla decadenza morale in cui era sprofondato da tempo, istituendo delle congregazioni dipendenti direttamente dal priore generale. In Calabria queste comunità religiose, chiamate Zumpani, furono approvate già nel 1509 dal priore generale Egidio da Viterbo. Da allora la Congregazione, detta anche “di Calabria”, si diffuse in tutta la Regione, in modo particolare nella diocesi di Gerace. Bombile fu dunque tra le prime località calabresi ad ospitare il nuovo ordine riformato, grazie anche al consenso del vescovo di allora Giacomo Cochilles, che permise a Jacopo da Tropea, di scavare nel 1506 la grotta dove stanziare e dove costruire la “Ecclesia di Sancta Maria della Grutta”.
Un santuario quindi che nacque nel segno di una riforma sincera, carica di devozione, genuina, fedele agli insegnamenti di Sant’Agostino e ai suoi ideali, incentrati sull’amore verso gli altri, sull’affetto, sulla correttezza, sul fascino della bellezza, qualità che lo stesso vescovo di Ippona estendeva anche alla musica. “Qui cantat, bis orat – Chi canta prega due volte” scriveva infatti Sant’Agostino, alla fine del IV secolo, nelle sue Confessioni. Ed è proprio il canto dei fedeli a restituire tutta la storia del Santuario di Bombile, le affascinati vicende degli agostiniani zumpanesi, la persuasiva magnificenza della statua di Antonello Gagini, l’immensa devozione nei confronti della Vergine.
Il santuario di Bombile è tra i pochi luoghi in Italia dove l’arte del Rinascimento riesce ancora a mescolarsi con i misteri più profondi della natura e della fede. Nelle sue forme sincretiche, la devozione popolare di queste latitudini, avvolge ed anima i simulacri artistici del passato, restituendoci qualcosa che va oltre il gusto per il bello. Travalicando il tempo, i canti, le preghiere, i rosari, gli sguardi dei fedeli e della stessa Vergine di marmo, ci consentono di vivere un’esperienza particolare con il sacro, ma anche di cogliere aspetti spirituali antichi, se non addirittura arcaici, che toccano i sensi e l’animo, privilegiano i simboli e mai la ragione.