Per alcuni capire la Lega non è facile, e capirla al Sud ed in Calabria è senz’altro più difficile. Matteo Salvini è l’erede di una tradizione politica partita con Bossi e Miglio che intuirono alcune conseguenze disastrose della globalizzazione nonché alcuni degli effetti nefasti di un certo modo di intendere l’Unione Europea, sbilanciata verso i Paesi più ricchi e preda di apparati burocratici e lobby sempre più potenti, a fronte di un’Italia romanocentrica, partitocratica e consociativa giunta al capolinea. Bossi e Miglio immaginarono il federalismo come formula istituzionale che rispondeva a un’Italia organizzata in territori omogenei rispetto alla tradizione ottocentesca dello Stato nazionale.

Matteo Salvini è il padre di una seconda svolta, storica e politica, altrettanto potente e dirompente. Salvini intuisce che il quadro mondiale ed europeo si è evoluto in modo da mettere in discussione anche i possibili assetti federalistici proposti da Bossi e Miglio, che le battaglie fondamentali erano ormai radicate a princìpi e ideali globali (si pensi ad esempio alla difesa delle radici cristiane o alla lotta contro il pensiero unico dei finto-progressisti), e che il “format” del buongoverno dimostrato dalla Lega in Lombardia e in Veneto era esportabile anche al Sud.

Il Sud di una Questione Meridionale irrisolta a 160 anni dalla nascita dell’Italia. Una Questione Meridionale terreno di scontro perenne tra sinistra demagogica, cattolici democratici e destra liberale o nazionalista, ma sempre e comunque nodo cruciale irrisolto d’Italia e d’Europa. Il pragmatismo della Lega partito post ideologico, intuisce Salvini, collegato alle crescenti spinte per la salvaguardia delle dimensioni culturali e produttive dei singoli territori, è applicabile anche al Mezzogiorno. Consensi e traguardi già raggiunti gli hanno dato ragione, ma diverse criticità persistono, interne ed esterne.

Le criticità interne talora fanno capolino anche in Calabria, dove qualcuno aveva forse immaginato di poter salire sul carro della Lega vivendo di rendita e secondo una formula dal fiato corto: i voti li porta Salvini per cui basta posizionarsi sgomitando, e vivacchiare con un po’ di retorica populista priva di contenuti e di autentica e credibile sostanza riformatrice. Per altri la Lega può essere stata solo un comodo trampolino di lancio, immaginando in maniera gattopardesca che un partito vale l’altro, e che alla fin fine tutto sarebbe cambiato per non scomporre nulla, nel solito giro di visioni clientelari, stataliste, partitocratiche. Non si escludano da queste considerazioni di fondo i cretini, nel senso classico della definizione, che trovano nella politica un comodo terreno di sfogo per infantili ricerche di visibilità o per improbabili carriere tanto sognate quanto irrealizzabili. Non si dimentichi mai il vecchio adagio: la mamma degli scemi è sempre incinta!

Dai limiti interni a quelli esterni il passo è breve. Con quali alleati costruire una “rivoluzione” politica e metodologica in un Sud in cui i ceti sociali di riferimento, in senso gramsciano, sono percentualmente inferiori rispetto al Nord? Imprenditori veri, partite Iva instancabili, lavoratori strutturati, cittadini consapevoli, amministratori competenti, intellettuali non arcadici, nemici dell’assistenzialismo sono l’asse portante della Lega al Nord, ma ancora merce rara o comunque non maggioritaria nel Mezzogiorno.

Ecco quindi che, al Sud e in Calabria, terre in cui, peraltro, i poteri criminali sanno come intrufolarsi e radicarsi, modellare la massa critica che può rappresentare lo scheletro della Lega non è semplice. Lo hanno ben capito lo stesso Matteo Salvini, che ha informazioni più ampie, dalla Sicilia all’Abruzzo, e anche i dirigenti impegnati in Calabria nel difficile compito di costruire il progetto: il bergamasco un po’ sornione, Cristian Invernizzi, ancora giovane ma con alle spalle tanti anni di militanza e di dirigenza nelle aree che rappresentano il dna della Lega, e il calabro-milanese Walter Rauti, dal carattere assai più severo. Chi li conosce bene sa che i due vanno molto d’accordo, pur in una dialettica che in politica è sempre presente, e che, se dovessimo proprio dirla alla calabrese, talora fanno anche il “gioco dei compari”: ti lasciano sfogare e poi analizzano e scelgono in comune!

Altre possibili varianti calabro-meridionali rientrano nel grande zoo che è in parte diventata la politica italiana, rispetto a tempi in cui sapersi esprimere in un buon italiano e aver letto più di qualche libro erano pre-condizioni irrinunciabili. La musica oggi è questa, e nello zoo ci vivono anche animali rumorosi, rissosi, urlatori, petulanti. Ma questo discorso, ovviamente, non vale solo per la Lega ed è caratteristica comune a tutte le forze politiche, comprese quelle civiche.

La Lega in Calabria ha mosso i primi passi, non indenni da qualche errore di valutazione, ma il progetto salviniano resta in piedi. Qualcuno è pronto ad andarsene? C’è chi giura che le campane siano pronte a suonare a festa. Qualcun altro fa finta di non capire? Lo comprenderà a breve. E per gli adoratori delle poltrone, anche quelle che contano, non c’è spinta o pressione esterna che possa reggere rispetto alla coerenza di un progetto in cui non c’è spazio per opportunisti e ras di paese. Le porte per uscire sono spalancate, si dice nelle stanze che contano, mentre quelle per entrare, forti anche delle esperienze maturate e delle precauzioni imposte dall’emergenza Coronavirus, saranno leggermente socchiuse. Insomma, una sfida tutta da seguire, in cui tanti pesci già semi-fritti saltano inutilmente dentro la padella! Invernizzi e Rauti riusciranno a costruire una Lega sana e forte anche in Calabria? Loro due ci credono e godono della fiducia di quanti la scommessa l’hanno presa a cuore.