«In un contesto socio-economico segnato trasversalmente dagli effetti della pandemia le cosche calabresi continuano a presentarsi quale potenziale minaccia su larga scala ai tentativi di ripresa». E’ l’allarme lanciato dalla Direzione investigativa antimafia nell’ultima Relazione semestrale al Parlamento che restituisce l’immagine di una ‘ndrangheta «silente ma più che mai pervicace nella sua vocazione affaristico imprenditoriale, nonchè costantemente leader nel narcotraffico». Cresce «la preoccupazione legata ad un modello collaudato che vede la criminalità organizzata calabrese proporsi ad imprenditori in crisi di liquidità offrendo forme di sostegno finanziarie parallele e prospettando la salvaguardia della continuità aziendale con l’obiettivo di subentrarne negli asset proprietari e nelle governance». Mentre, soprattutto in funzione delle risorse del NextGeneration Ue, il pericolo concreto «è rappresentato dalla comprovata abilità dei sodalizi calabresi di avvicinare e infiltrare quell’area grigia che annovera al suo interno professionisti compiacenti e pubblici dipendenti infedeli in grado di consentire l’inquinamento del settore degli appalti e nei più ampi gangli gestionali della cosa pubblica». Diverse inchieste giudiziarie «continuano a dar prova dell’attitudine delle ‘ndrine a relazionarsi agevolmente sia con le sanguinarie organizzazioni del narcotraffico sudamericano, sia con politici, amministratori, imprenditori e liberi professionisti potenzialmente strumentali al raggiungimento dei propri obiettivi. Grazie alla diffusa corruttela verrebbero condizionate le dinamiche relazionali con gli enti locali allo scopo di ricavare indebiti vantaggi nella concessione di appalti e commesse pubbliche sino a controllarne le scelte. Risulterebbe pertanto inquinata la gestione della cosa pubblica e spesso alterata la competizione elettorale».