La Calabria era il canale preferenziale per approvvigionarsi di cocaina; per l’hashish si andava invece a Napoli, a Milano o addirittura fino in Spagna; poi c’era il canale dei Paesi Bassi da dove si faceva arrivare lo spice, una specie di cannabinoide sintetico dall’effetto psicotropo estremamente dannoso per la salute.
È quanto emerge dall’indagine della Dda di Messina che stamani si ritiene abbia smantellato alcune organizzazioni che si occupavano di narcotraffico tra il capoluogo siciliano e Barcellona Pozzo di Gozzo, con le manette che sono scattate per 112 persone, 85 delle quali finite in carcere e le altre ai domiciliari.
Si tratta di gruppi che, secondo gli inquirenti, avrebbero avuto solidi rapporti e collegamenti con organizzazioni criminali calabresi ma anche con soggetti operativi in Campania, Lombardia e all’estero.
Intercettazioni telefoniche ed ambientali, pedinamenti, sequestri di droga e dichiarazioni di collaboratori hanno condotto a quattro tra le principali organizzazioni criminali che dal 2020 avrebbero gestito il traffico di droga e lo spaccio nella piazze dei quartieri messinesi di Giostra, Santa Lucia Sopra Contesse, Villaggio Cep e Aldisio e nelle zone di Barcellona Pozzo di Gotto e Milazzo.
Ad intrattenere proficui rapporti con la Calabria, secondo le indagini, sarebbe stato uno di questi gruppi (stamani decimato da 49 arresti) ritenuto tra i più attivi sul “mercato” e che aveva la sua base nel quartiere popolare “Giostra” e che con la sua droga inondava le piazze di diversi quartiere a nord e sud del capoluogo siciliano e delle zone nebroidea e tirrenica della provincia.
Grazie alla sua importante disponibilità economica avrebbe acquistato le partite di stupefacente principalmente tra San Luca e Rosarno ma anche da “fornitori” napoletani e milanesi.
Un business che avrebbe fruttato al gruppo guadagni da circa mezzo milione di euro al mese depositati in una cassa comune e reinvestiti poi in un’attività commerciale nel settore dell’abbigliamento. Gli altri gruppi investigati, invece, si sarebbero riforniti a da quest’ultimo o da canali spagnoli e olandesi.
Nell’operazione sono coinvolti anche un poliziotto penitenziario ed un infermiere dell’Asp di Messina all’epoca dei fatti in servizio presso la casa circondariale cittadina.
Il primo avrebbe aiutato uno dei capi della consorteria, detenuto, consegnandogli dello stupefacente poi distribuito in carcere; l’altro avrebbe invece introdotto la droga nel penitenziario per poi essere ceduta ad alcuni reclusi.
Contestualmente alle misure cautelari è stato eseguito il sequestro del capitale e del compendio aziendale di cinque società, compresa concessionaria di auto, sette immobili tra fabbricati e terreni, auto, polizze assicurative e conti correnti: il tutto di un valore stimato in circa 4 milioni di euro.
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