R. e P.
O tempora, o mores, verrebbe da dire.
Una volta c’erano i paladini come Orlando che, per missione autoassegnatasi, perlustravano le più sperdute contrade sui loro bianchi destrieri in cerca di torti da riparare e di giovani donzelle da salvare dalle grinfie di orchi malvagi.
In proposito, considerati i continui stupri dei quali leggiamo quotidianamente, magari ci fossero ancora quei paladini. Oggi abbiamo i vari Di Battista, Giulietti, Vauro, Santoro e soci i quali, di fronte all’invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito russo -v’é oltraggio pari a quello arrecato all’indipendenza di un popolo?- fanno finta di non prendere posizione e, pur ammettendo la soperchieria subita dagli uni, giustificano le ragioni degli altri.
Consigliano di fare finta di niente, di girarci dall’altra parte.
Di farci i fatti nostri, in poche parole.
E, allora, mi ricordo di un aneddoto (‘nu fattaréju) che mi raccontava mia nonna.
Un giudice fu chiamato a dirimere una questione tra due limitanti e li ricevette separatamente nel suo ufficio intanto che il figlioletto giocava sul tappeto.
Al termine dell’esposizione dei fatti da parte di ognuno dei due, a turno, diede ragione a entrambi.
Quando furono andati via il piccolo domandò al padre: -Ma, papà, com’è possibile che abbiano ragione tutti e due?-
E il giudice rispose, dopo attenta riflessione: -Hai ragione anche tu.-