-Non sento quella vocina “stritula” che spesso esce dalla nostra tribù. . . –
Chi ha visto il film Attila Flagello di Dio ricorderà la frase di Diego Abatantuono all’indirizzo del piccoletto che metteva periodicamente in discussione la sua sovranità su quel manipolo di improbabili “shbàbbari”.
Mi riferisco all’assenza di commenti da parte degli juventini duri e puri, cioè tutti, che hanno sempre messo, per amore, una pezza alle malefatte della Vecchia Signora. Mai, e sottolineo mai, hanno avuto il minimo dubbio che a sostenere e difendere con il prosciutto sugli occhi la loro squadra si finisse per avallare i metodi di una “razza padrona” che è la più coinvolta dell’intero orbe terraqueo in magagne.
Che, se pure non sempre penalmente rilevanti, sempre o quasi sono state caratterizzate da contorni che più nebulosi non si sarebbe potuto.
Valga per tutte Calciopoli.
E tralascio qui di parlare di Juve-Inter del 16 aprile 1961; del gol annullato per fuorigioco inesistente a Turone in Juve-Roma del 10 maggio 1981 dall’arbitro Bergamo (in seguito designatore degli arbitri invischiato in Calciopoli e, per quella vicenda, epurato); del rigore non concesso a Ronaldo il Fenomeno in Juve-Inter del 26 aprile 1998 dall’arbitro Ceccarini; dell’espulsione non comminata a Pjanic in Inter-Juve del 28 aprile 2018 dall’arbitro Orsato; del gol di Muntari parato oltre la linea di porta da Buffon in Juve-Milan del 25 febbraio 2012.
Breve inciso: sul gol di Turone i registi Micciché e Rossi hanno girato un docufilm dal titolo Er gol de Turone era bono.
Tutti episodi cruciali e determinanti che hanno permesso alla Juventus di vincere altrettanti scudetti.
D’altronde, per una società che ha elevato a proprio motto “l’importante è vincere” cos’altro ci si può aspettare?
Oggi che un nuovo terremoto scuote la Juventus -quello delle plusvalenze e (così riportano i più informati) del falso in bilancio (o qualcosa che con i bilanci ha a che fare) al punto che l’intero staff dirigenziale si è dimesso in blocco, quella vocina stridula non si fa sentire.
Nessuno di quella consorteria apre bocca, nessuno ha uno sbotto di resipiscenza, un barlume di coscienza, un moto dell’anima che lo induca ad ammettere una volta per tutte, di tifare per una squadra che ha nel suo DNA il cromosoma che impedisce ai dirigenti di accettare che nel gioco, come nella vita, perdere può toccare a chiunque.
Anzi, per loro, rifiutare la sconfitta significa onorare il cliché certificato della razza padrona.
E, così come sui giornali e nelle reti televisive gli articoli e i servizi dedicati a questo pasticciaccio brutto sono ridotti all’osso perché anche e soprattutto al mondo dell’informazione arrivano le pressioni della razza padrona pena andare a fare i galoppini in testate di secondo livello quando, non volendosi assoggettate, qualcuno cerca di fare onestamente il suo lavoro, di qualcosa che stando a quanto dice in un’intercettazione un dirigente bianconero e, cioè, che questa faccenda è peggiore di Calciopoli, se ne parla giusto di striscio.
O, comunque, non ha un risalto mediatico pari alla portata del fatto.
Per cui, da interista mai stato in B (vai a patútu e non jíri a medicu) me ne assumo io il compito e lo faccio con un’altra frase del terrunciello Abatantuono.
Questa volta “il ras della fossa” di Eccezionale veramente: -E tant pe’ campiare, la parola d’oddine è semp la stess, latroniggio.-
Fino alla fine.
Sergio Salomone