Quando accettai l’invito dell’avvocato Tassone di tenere una rubrica su questo giornale fu necessario darle un titolo.
Eravamo al matrimonio di un comune amico e quella stessa sera al buffet  dell’aperitivo, un piatto di deliziosi crostini ai vari paté, mi diede l’idea di chiamarla bruschetta.

Voleva essere nelle intenzioni una riproposizione dei Controcorrente di Montanelli con la piena coscienza di commettere un sacrilegio.
Uno stuzzichino che stimolasse l’appetito, una cosetta per niente impegnativa anche per la totale incapacità dello scrivente di preparare pietanze importanti.

Nessuna intenzione di plagio, dunque, nessuna mala fede.

Dico questo perché giusto ieri ho scoperto per puro caso che qualcuno che si è assicurato un posto di primo piano  nell’Olimpo della Cultura con la C maiuscola ha già usato il termine bruschetta per titolare un suo libro.
Si tratta di Giuseppe Prezzolini e il libro è Bruschette Ticinesi.

Non so se qualcuno se ne sia accorto e per pietà non abbia voluto dirlo né quanti se ne sarebbero accorti in futuro trattandosi, peraltro, di un’opera tra le meno ricordate del grande Maestro.
Era tuttavia doveroso che io rimediassi e, perciò, mi scuso per la mia involontaria appropriazione indebita con chiunque mi abbia letto fin qui.
E, maggiormente, con Giuseppe Prezzolini.

Spero Prezzolini non si rivolti se penso di conservare il titolo originario qualora il Direttore sarà d’accordo.

Sergio Salomone