Diceva Gary Lineker, centravanti della Nazionale di calcio inglese degli anni ’80-’90: -Il calcio si gioca in undici contro undici ma, alla fine, vince la Germania.-
Il riferimento era alla storica rivalità sportiva tra le due nazioni che vedeva l’Inghilterra sempre, o quasi, soccombente.
A parte la finale dei campionati Mondiali del 1966, che si giocarono in Inghilterra, vinti dai padroni di casa grazie anche a un gol fantasma di Geof Hurst assegnato dall’arbitro nonostante il pallone avesse toccato la linea di porta senza superarla.
A quell’epoca il VAR non c’era e gli arbitri vedevano, in Inghilterra i gol che gol non erano, e, in Italia, non vedevano i gol che gol erano.
Per informazioni citofonare Juventus.
Ieri, invece, i calciatori della squadra tedesca hanno trovato la maniera di vincere pur perdendo la loro partita di esordio contro i samurai del Giappone ai mondiali che si disputano in Qatar.
Abbiamo seguito tutti attraverso i media (Report ha fatto un’inchiesta davvero esauriente) anche chi sportivo non è la vicenda dell’assegnazione del campionato da parte della FIFA al Qatar e tutti sappiamo del problema dei diritti civili conculcati in quel Paese.
Falcone aveva basato il suo sistema d’indagine su una frase: follow the money.
Segui il denaro e ti sarà chiaro tutto.
In sintesi è quello che è successo con la decisione di accettare che un campionato mondiale di calcio si giochi a dicembre cosi snaturando tutti i campionati nazionali europei.
In un posto dove negli stadi c’è bisogno dell’aria condizionata, dove tra gli spettatori non si vede un solo bambino che sia di quei posti, dove non è permesso introdurre negli stadi una birra.
E su questo potrei anche essere d’accordo se non fosse che il divieto in sé va oltre la buona intenzione che c’è alla base dell’imposizione.
In un posto dove essere gay equivale ad essere malato e, nonostante non sia dato scegliere le malattie, costituisca, tuttavia, una colpa.
E tralascio di dire dell’obbligo per le donne di indossare l’hijab.
Di fatto, nonostante tutti si riempiano la bocca di diritti civili, il presidente della FIFA, Gianni Infantino, di fronte ai soldi sganciati dagli emiri del Qatar, non ha storto il naso e, dopo avere assegnato a questo il campionato, in conferenza stampa ha fatto un sermoncino all’universo mondo nel quale ha detto che l’Europa non può permettersi di date lezioni morali e che lui si sente, perciò, migrante e gay.
Praticamente le categorie che in Qatar hanno gli stessi diritti del due di bastoni quando la briscola è a coppe.
Ma tant’è!
Tornando alla Germania e alla sua vittoria fuori dal contesto pallonaro, ieri nel fare la fotografia prima dell’inizio della partita contro il Giappone, i calciatori tedeschi si sono messi la mano sulla bocca a indicare che la Federazione organizzatrice del campionato non ha permesso loro di mettersi al braccio una fascia con i colori dell’arcobaleno con la quale avrebbero voluto protestare contro la negazione dei diritti LGBQT.
Per inciso, la regia internazionale nella diretta non ha mandato in onda la scena per non dispiacere i padroni di casa.
Inoltre, la ministra tedesca Nancy Faeser, ospite in tribuna di Infantino e a lui di fianco, ha indossato la fascia arcobaleno facendo quello che ai suoi connazionali calciatori era stato vietato.
È proprio il caso di dire Deutschland über alles.
Così come non possiamo non abbracciare idealmente i calciatori dell’Iran che non hanno cantato il loro inno per protestare contro la repressione dell’insurrezione popolare seguita alla morte della giovane donna uccisa dalla polizia morale iraniana per avere indossato in modo scorretto l’hijab.
Temo per la loro vita quando saranno tornati in patria e vorrei sapere se Infantino ha la mia stessa preoccupazione.
Salam haleikum
Sergio Salomone